Introdotto nel sistema giuridico italiano dalla legge 3/2012, “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento” il concetto di “sovraindebitamento” è legato alla difficoltà a pagare i debiti, quanto il soggetto debitore è un soggetto non fallibile, ovvero un consumatore, una piccola impresa, ecc.
In parole povere il sovraindebitamento è la difficile situazione di coloro, consumatori o piccole imprese, che non riescono a pagare i propri debiti a causa di uno squilibrio tra le disponibilità economiche ed i debiti da pagare.
Viene quindi considerato “sovraindebitato” colui che per motivazioni di qualsiasi natura non riesce a far fronte ai debiti e non dispone di “patrimonio prontamente liquidabile” per onorare il debito scaduto. E’ sovraindebitato anche il soggetto che non sarà in grado di pagare in breve termine, anche se ancora non insolvente. Ad esempio, un dipendente che avesse sempre pagato la rata del mutuo, se licenziato, potrà accedere alle procedure di sovraindebitamento se non ha risorse per pagare le rate future.
Con la normativa sul sovraindebitamento, nasce in Italia una gestione del debitore insolvente sul modello in vigore nella maggior parte dei Paesi europei. In particolare, nel Regno Unito da anni si parla di diritto al “Fresh start” ovvero alla possibilità per chi ha contratto debiti non più pagabili, di avere diritto ad un “nuovo inizio”. Non rimanere quindi inseguito a vita da banche e finanziarie, ma poter pagare il giusto per liberarsi dal debito e tornare una persona serena e pienamente inserita nella vita economica della propria comunità.
In sintesi, la finalità principale della legge sul sovraindebitamento è quella di permettere legalmente al debitore di pagare quanto gli è possibile e di vedersi cancellato il debito che è accertato non può essere pagato. In questo caso di parla quindi di “esdebitazione” ovvero di cancellazione del debito non onorato.
Questa opportunità non va intesa come una sanatoria del debito. È offerta la possibilità a chi ha troppi debiti di pagare quanto gli è possibile, in relazione alla propria situazione di reddito, patrimonio e carico familiare. L’approccio è quindi di equilibrio tra i diritti del debitore ad una vita dignitosa e quella dei creditori di ottenere almeno una parte di quanto dovuto dal soggetto sovraindebitato.
Sovraindebitamento: chi può accedere alle procedure e quali sono
Per procedure di sovraindebitamento si intendono le procedure previste dalla normativa per la soluzione della crisi del sovraindebitamento.
Per prima cosa serve sapere che queste procedure sono riservate ai soggetti non fallibili, ovvero a queste categorie di debitori:
- Consumatori, ovvero persone fisiche senza partiva IVA (dipendenti pensionati e inoccupati, ecc)
- Piccole imprese non fallibili, ovvero con un fatturato inferiore a 200.000 euro annui, patrimonio inferiore a 300.000 euro e debiti inferiori a 500.000 euro
- Aziende agricole di tutte le dimensioni
- Professionisti iscritti ad albi e ruoli
- Start up innovative
- Enti no profit (onlus, associazioni, ecc)
I principali presupposti per l’accesso alle procedure di sovraindebitamento prevedono che il debitore sia in stato di sovraindebitamento, che sia un soggetto non fallibile, che non abbia posto in essere atti di frode verso i creditori (ovvero non abbia volutamente sottratto beni o denaro, occultandolo ai creditori).
La norma prevede tre distinte procedure di sovraindebitamento molto diverse tra loro, a cui con l’avvento del codice della crisi si è aggiunta una quarta possibilità del tutto nuova, sotto forma di semplice domanda. Tutte sono finalizzate all’esdebitazione del debitore che ha contratto troppi debiti rispetto alle proprie possibilità attuali:
- Procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, anche conosciuta come “Piano del Consumatore”: che può essere utilizzata solo dalle persone fisiche e non gli altri soggetti (aziende, ecc). Viene proposto ai creditori un piano di pagamenti sostenibile rispetto ai redditi del debitore. Il piano viene approvato dal Giudice, e sostituisce ogni altra pattuizione.
- Accordo di composizione della crisi: è sempre un piano di pagamenti, ma riservato alle imprese e professionisti. Semplificando, si propone ai creditori un piano sostenibile che diventerà effettivo se votato dagli stessi creditori per almeno il 60%. In questo caso è permessa la continuità dell’impresa, e possibile la salvaguardia dei beni. Liquidazione controllata del sovraindebitato, o liquidazione del patrimonio: nelle situazioni più difficili è possibile chiedere al Tribunale che i debiti vengano pagati con la Liquidazione del proprio patrimonio. Qual è il vantaggio? Anche se la vendita dei beni non copre tutti i debiti, il residuo debito non pagato viene cancellato.
- Esdebitazione del debitore incapiente. Nel caso particolare di un debitore senza patrimonio e senza redditi stabili, è possibile accedere, in questo caso una volta sola nella vita, comunque alla cancellazione di tutti i debiti senza versare nulla. In questo specifico caso sarà però necessario dimostrare di essere stati “meritevoli” ovvero che non si è creata volontariamente questa situazione e che si è sempre cercato di sadare i debiti senza “scappatoie”. Tale procedura, prevista dal nuovo codice della crisi, sarà proponibile a partire dal settembre del 2021.
È possibile accedere alla legge in ogni fase della “crisi del debito”. Si potrà chiedere un accordo con i debitori sia quando iniziano i primi problemi di pagamento (di solito la cosa più vantaggiosa) che nel caso in cui ormai i creditori abbiano aggredito il proprio patrimonio, o quello dell’azienda, con pignoramenti, aste immobiliari o trattenute sullo stipendio.
Un aiuto per risolvere i propri debiti: come funziona la Legge sul sovraindebitamento?
Procedura di sovraindebitamento

La procedura prevista per la proposta di accordo e per il piano del consumatore prevedono che:
- il soggetto legittimato al deposito è solo il debitore non fallibile e il consumatore,
- la competenza spetti al tribunale in cui il debitore ha la residenza o la sede, in caso di impresa.
L’art. 9, al comma 2 contiene l’elenco dei documenti che devono essere allegati alla proposta di accordo e al piano del consumatore. Entro tre giorni dal deposito della proposta l’OCC competente deve trasmetterlo all’agente di riscossione e agli uffici fiscali. Su richiesta il giudice può concedere 15 giorni, al massimo, per integrare la proposta o presentare altri documenti. Ai sensi dell’art. 11 sono ammesse modifiche alla proposta o al piano fino alla data prevista per il consenso o il dissenso dei debitori.
Ai sensi dell’art 10 della legge 3/2012, depositata la proposta o il piano il giudice deve valutarne l’ammissibilità, ai sensi degli artt. 7, 8 e 9 e con decreto fissare un’udienza che deve tenersi entro i successivi 60 giorni. Il decreto deve essere comunicato ai creditori almeno 30 giorni prima del termine previsto affinché possano esprimere il loro consenso o dissenso. Il decreto deve altresì stabilire le forme di pubblicità della proposta o del piano, la sua eventuale trascrizione in situazioni particolari e disporre il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive, richiedere sequestri e acquisire diritti di prelazione.
Dalla pubblicazione del decreto tutti gli atti di straordinaria amministrazione non autorizzati dal giudice sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori.
Nel momento in cui il giudice viene a conoscenza dai creditori che il debitore ha compiuto atti al fine di frodarli, all’udienza revoca il decreto di ammissione alla procedura, dispone la cancellazione della trascrizione e fa cessare ogni forma di pubblicità.
Esecuzione dell’accordo
Almeno 10 giorni prima dell’udienza i creditori devono esprimere il consenso o il dissenso all’accordo. La proposta è approvata se il consenso (silenzio assenso) è espresso dai creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti. I creditori privilegiati o garantiti da pegno o ipoteca possono esprimere il loro consenso solo in presenza di determinate condizioni, il coniuge, i parenti e gli affini fino al quarto grado e i cessionari dei crediti da meno di un anno prima della proposta non possono pronunciarsi sulla proposta.
Se l’accordo è raggiunto l’organismo di composizione redige una relazione sui consensi espressi e la invia ai creditori che hanno dieci giorni per contestarla. Decorso questo termine l’OCC invia la relazione al Giudice, le eventuali contestazioni, il testo dell’accordo e l’attestazione di fattibilità.
Una volta risolte le contestazioni il Giudice provvede ad omologare l’accordo e dispone in merito alla sua pubblicità, anche se l’accordo non è ritenuto conveniente da particolari creditori ma a suo giudizio il creditore dissenziente sarà soddisfatto dall’accordo nella stessa misura in cui lo sarebbe in caso di liquidazione del patrimonio (cram down).
Tra la proposta e l’omologazione non devono intercorrere più di sei mesi. Il reclamo contro il provvedimento che dispone l’omologazione è ammesso innanzi al Tribunale, che decide in camera di consiglio, senza il giudice che ha omologato la proposta.
L’accordo omologato è obbligatorio nei confronti di tutti i creditori anteriori alla data della pubblicità del deposito della proposta. I creditori successivi non possono agire esecutivamente su beni oggetto della proposta.
L’adempimento dell’accordo è eseguito sotto la vigilanza dell’OCC che ne verifica la correttezza. Il giudice ha la possibilità di nominare un liquidatore, se previsto dal piano o se vi sono beni pignorati e quando autorizza lo svincolo delle somme, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli. Il co. 4 art. 13 contiene la regola e l’eccezione della preducibilità dei crediti sorti nel corso dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento.
Revoca e risoluzione dell’accordo
L’accordo viene revocato d’ufficio dal Giudice se:
- il debitore non paga le amministrazioni e gli enti previdenziali entro 90 giorni dalla scadenze previste;
- emerge che durante la procedura il debitore ha compiuto atti in frode ai creditori.
La revoca del piano del consumatore può essere richiesta anche dal creditore quando:
- il passivo del debitore è stato aumentato o diminuito con dolo o colpa grave;
- una parte dell’attivo è stata sottratta o dissimulata;
- sono state simulate con dolo attività del tutto inesistenti.
Il ricorso può essere presentato entro 6 mesi dalla data della scoperta e comunque entro un anno dalla scadenza stabilita per l’ultimo adempimento.
L’accordo cessa di avere effetti anche quando:
- viene risolto o il debitore non paga i crediti impignorabili e i debiti fiscali;
- se in seguito viene dichiarato il fallimento. L’accordo si risolve e i pagamenti, gli atti e le garanzie eseguite in forza di esso non possono essere sottoposte a revocatoria fallimentare.
I creditori possono chiedere la risoluzione dell’accordo, ai sensi dell’art 14 della legge 3/2012 se:
- il debitore non rispetta l’accordo;
- le garanzie promesse non vengono poste in essere;
- l’accordo non può essere eseguito per cause non riconducibili al debitore.
La risoluzione può essere proposta entro 6 mesi dalla scoperta o entro un anno dalla data dell’ultimo adempimento.
Riforma fallimento 2020: le novità sul sovraindebitamento
Il decreto legislativo n.14/2019, di riforma del codice fallimentare, si occupa anche di sovraindebitamento, al quale dedica gli articoli 65 e 66.
Tra le novità, si segnala la possibilità, per i membri della stessa famiglia, di presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento, quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’origine comune. Tuttavia, le masse attive e passive rimangono distinte.
Se, invece, sono presentate più richieste, il giudice competente (che è quello adito per primo) adotta i provvedimenti necessari per assicurarne il coordinamento.
L’entrata in vigore della riforma era prevista per il 14 agosto 2020.
Nel nuovo Decreto Semplificazioni varato dal Governo per rilanciare la ripresa economica, durante la fase di conversione in legge era stato inserito un emendamento per potenziare gli istituti a favore dei debitori, anticipando l’introduzione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che sarebbe dovuto entrare in vigore il prossimo 15 agosto 2020 ma poi, a causa della pandemia, è slittata al 1° settembre 2021.