Non si arresta la crisi del commercio di vicinato e dell’artigianato in Irpinia e nel Sannio

Non si arresta la crisi del commercio di vicinato e dell’artigianato in Irpinia e nel Sannio

I DATI 2024 SONO IMPLACABILI: LE AREE INTERNE DELLA REGIONE CAMPANIA SONO DESTINATE AD UNO “SPOPOLAMENTO” PRODUTTIVO SENZA PRECEDENTI

Dopo il settore agricolo, la crisi che attanaglia il mondo produttivo e del commercio nella circoscrizione IrpiniaSannio non sembra trovare un freno alla sua deriva, come era nelle previsioni più nefaste, continuano a sparire tanti negozi e botteghe artigiane.

“Il problema riguarda – sostiene Ignazio Catauro, presidente Unimpresa Irpinia Sannio – l’intera regione Campania in generale, ma le aree interne per motivi a noi tutti noti, soffrono maggiormente il calo generalizzato delle presenze e dunque di conseguenze delle attività produttive tradizionali”.

Il saldo negativo tra cessazioni e nuove aperture nei settori storici del commercio al dettaglio e dell’artigianato, in Irpinia e nel Sannio si configura come tra i più alti in Italia, in linea con quanto accade in tutta la fascia appenninica del Mezzogiorno e delle Isole.

“Neppure la creazione dei Distretti del Commercio – dichiara il presidente di Unimpresa – ha sortito ancora qualche effetto positivo, sia pure minimo, non sembra riscontrarsi nessun tipo di inversione di tendenza. La crisi inarrestabile dei negozi di vicinato e la scomparsa delle cosiddette botteghe artigiane, creano non pochi disagi soprattutto nei piccoli comuni; e proprio la mancanza di servizi reali – continua il presidente Catauro – costringe più delle volte fette significative di popolazione a spostarsi ed abbandonare definitivamente i centri minori, preferendo quelli con maggiori opportunità d’impresa e adeguati servizi”.

A tutto questo si aggiunge l’incremento a tratti eccessivo e sostenibile dei costi di gestione per le micro imprese come il caro energia, l’aumento della pressione fiscale, l’incremento delle tasse locali che quasi sempre rispondono a logiche generali e non al reale peso economico dei bilanci aziendali.

Sull’argomento specifico interviene il responsabile dell’Ufficio Studi di Unimpresa Irpinia Sannio, Giacomo Iannella: “Purtroppo le amministrazioni locali, pur volendo, non possono per i vincoli imposti dalle leggi nazionali e di bilancio, adeguare le tasse ai reali incassi delle imprese. Se ciò fosse possibile si consentirebbero ai piccoli operatori locali del commercio e dell’artigianato, di svolgere la propria attività d’impresa senza entrare in crisi e decidere la chiusura, come purtroppo avviene sempre più di frequente”.

La crisi del settore commercio è poi aggravata dalla continua erosione di fette di mercato da parte del crescente ed inarrestabile settore delle vendite on line e della concorrenza spietata messa in campo dai centri commerciali plurimarche. I dati che ISTAT e Unioncamere rendono noti ogni trimestre non lasciano spazio a dubbi o speranze: la riduzione riguarda una percentuale che si aggira intorno al 5 % annuo, e questo avviene ininterrottamente dal 2021, dalla crisi post Covid. Il crollo delle nuove aperture è quello che fa la differenza, a fronte di una percentuale di chiusure sostanzialmente endemica ma in linea con i dati regionali. In Irpinia e nel Sannio si registra un crollo verticale della propensione a fare impresa un po’ in tutti i settori, tranne che in quello della ristorazione, che comunque incide in modo molto marginale nel complesso delle produzioni imprenditoriali del territorio.

“Del resto – sostiene Catauro – oggi è diventato quasi proibitivo aprire una nuova attività commerciale o artigianale in uno qualsiasi dei comuni delle nostre aree interne. A questo vorrei aggiungere un ulteriore, ma importantissimo tema che poco si prende in considerazione ma che ci consente al contrario di comprendere in modo adeguato le dinamiche che sono dietro a questa drammatica crisi: ossia l’invecchiamento della classe imprenditoriale delle nostre aree., Si calcola che circa la metà di tutte le aziende dei comparti Commercio e Artigianato, è rappresentato da imprenditori con età compresa tra i 50 ed i 69 anni; mentre appena il 3,78% ha meno di trent’anni. Questo dimostra una scarsa propensione al ricambio generazionale che è il frutto sia dell’invecchiamento della popolazione, ma anche di una scarsissima propensione all’attività d’impresa delle nuove generazioni, causato da un contesto economico territoriale che non incoraggia l’avvio di nuove attività imprenditoriali”.

Da quanto emerge sembrerebbe necessario, da parte di tutti gli attori istituzionali, una urgente politica di incentivi e di aiuti rivolte alle piccole attività di vicinato, siano esse appartenenti al settore commerciale, siano piccoli artigiani.

“I nostri centri urbani hanno sempre meno negozi, – interviene Libero Sica responsabile Piccole Imprese di Unimpresa Irpinia Sannio – ma il commercio locale è una ricchezza insostituibile. Cosa possiamo fare concretamente tutti noi per riuscire a preservare il futuro delle attività locali di vendita a inserirsi nel mercato e a restarci? Prima di tutto servirebbe una spinta significativa sul piano fiscale, applicando un regime agevolato per le attività di vicinato. E poi non sottovalutare il ruolo che svolge la Responsabilità Sociale: collaborare con altre imprese locali, sponsorizzare eventi comunitari o partecipare a iniziative che rafforzino il ruolo sociale del commerciante nella comunità e gli consenta di costruire una rete di supporto reciproco”.

“Importante è anche l’attività di sensibilizzazione dei consumatori – conclude il presidente Catauro – attraverso la comunicazione: sfruttare gli eventi dal vivo e i canali digitali per informare i clienti sui vantaggi dei prodotti sostenibili e sulle pratiche responsabili adottate dal negozio e dall’artigiano è una valida strategia per stimolarli a fare scelte di consumo più consapevoli. E poi dovremo lavorare decisamente di più sul tema dell’Innovazione: le tecnologie digitali aprono un infinito ventaglio di possibilità per offrire servizi su misura come consulenze personalizzate, pacchetti regalo unici, esperienze di acquisto esclusive e la possibilità di comprare anche a distanza, assicurando che il cliente possa sempre sentirsi vicino al suo negozio preferito”, conclude il presidente di Unimpresa Irpinia Sannio.

Diventa operativo il Distretto Diffuso del Commercio Taburno

Il Dott. Giacomo Iannella nominato Consigliere del Distretto Diffuso del Commercio Taburno

Riconosciuto il Distretto Diffuso del Commercio Taburno, che da oggi entra nella sua piena operatività. Sant’Agata de’ Goti sarà comune capofila. Soddisfazione espressa in primo luogo dal sindaco caudino Salvatore Riccio e dal presidente del Distretto Diffuso del Commercio Taburno, Alfonso Ciervo. quale delegato del Comune capofila, e gli altri sindaci e amministratori comunali coinvolti: il sindaco di Dugenta Clemente Di Cerbo, di Durazzano Alessandro Crisci, Pasquale Viscusi di Frasso Telesino, Domenico Parisi di Limatola, Rossano Insogna di Melizzano, e naturalmente del presidente di Unimpresa Ignazio Catauro e di Confesercenti Gianluca Alviggi.

Anche i componenti del primo Consiglio Direttivo del Distretto hanno voluto esprimere la loro soddisfazione per l’importante obiettivo raggiunto, in particolare Giovanna De Vita quale rappresentate di Confesercenti e Giacomo Iannella per Unimpresa, si aggiungono i rappresentati in Consiglio Direttivo del Distretto dei comuni di Melizzano Francesco Galietta, di Giuseppina D’Angelo delegata del sindaco di Limatola e di Antonio D’Iglio per Durazzano.

Ricordiamo inoltre che pur non rappresentati in Consiglio fanno parte dell’Assemblea del Distretto la Provincia di Benevento, l’Ente Parco del Taburno, l’Istituto Scolastico de’ Liguori, l’Associazione ARIES, e FOSVITER.

“Un buon risultato – dichiara il Sindaco di Sant’Agata de’ Goti – che ha visto l’intero gruppo di amministratori affiatato e convinto del risultato da perseguire. Voglio ringraziare tutti per l’abnegazione e l’impegno dimostrato finalizzato all’obiettivo, ossia il riconoscimento del primo Distretto del Commercio nell’intera provincia di Benevento. Questo per noi è motivo d’orgoglio ma anche un riconoscimento di responsabilità, che noi cogliamo volentieri e naturalmente questo vuole significare principalmente che la nostra disponibilità è piena nel supportare altre iniziative del genere, che ci troveranno sempre pronti e disponibili.
“Ora ci attende un lavoro sul campo che come prima scadenza sarà il 30 settembre prossimo, perché il bando che dispone gli aiuti alle piccole imprese del nostro Distretto messo in campo dall’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Campania, assessore Marchiello, ci vede impegnati in sinergia con le associazioni di categoria, nostri partner di distretto, a soddisfare pianamente le richieste dei tanti commercianti, artigiani e aziende del turismo e dei servizi di tutti i comuni del Distretto Diffuso del Commercio Taburno, che hanno bisogno di un concreto e reale supporto”, ha concluso il presidente Ciervo.

“Un risultato atteso quello del riconoscimento da parte della Regione Campania – ha dichiarato soddisfatto il sindaco di Dugenta Clemente di Cerbo – il nostro Distretto è il primo riconosciuto in provincia perché il lavoro messo in campo è partito oltre un anno fa. Non sono state poche le difficoltà incontrate, ma il gruppo di amministratori che si è unito intorno al tavolo per il raggiungimento di questo risultato è stato sempre attivo e ben concentrato sull’obiettivo da perseguire. Qualche giorno di pausa, e subito dopo le festività agostane daremo inizio al lavoro di sensibilizzazione e promozione con le imprese dei nostri comuni. Perché ricordiamolo, i veri protagonisti del Distretto Diffuso del Commercio Taburno saranno le piccole imprese dei sei Comuni, che troveranno modo per esprimere al meglio le loro potenzialità”.

Una soddisfazione velata da un certo rammarico è stata espressa dal sindaco di Frasso Telesino, Pasquale Viscusi che ha dichiarato: “Certo potevamo avere prima il riconoscimento da parte della Regione, ad ogni modo non avrebbe cambiato granché, il bando a cui potranno attingere le nostre piccole imprese è stato posticipato a fine settembre, dunque il tempo c’è tutto per perseguire gli obiettivi proposti. Un ringraziamento a tutti gli amministratori coinvolti e alle associazioni Unimpresa e Confesercenti che ci hanno supportati”.

All’unisono, tutti i sindaci e i rappresentanti locali hanno voluto esprimere un pensiero di incoraggiamento, Rossano Insogna sindaco di Melizzano ha voluto ribadire che “quando gli amministratori locali lavorano insieme e in perfetta sinergia i risultati sono poi sotto gli occhi di tutti. Sta a noi sindaci e consiglieri essere sempre in sintonia con gli operatori economici delle nostre comunità, e aiutarli a resiste e se possibile anche a crescere imprenditorialmente”. Sulla stessa linea anche Domenico Parisi sindaco di Limatola che non ha mancato di ricordare che “l’inizio è stato piuttosto complesso, perché troppo impegnativo, ma mai nessuno di noi ha pensato di venire meno nella sua responsabilità. Del resto, non avessimo raggiunto l’obiettivo in tempo utile per la scadenza del primo bando regionale rivolto alle imprese dei comuni dei Distretti, i nostri commercianti, artigiani e piccole imprese dei servizi e del turismo non ce lo avrebbero mai perdonato”. Antonio D’Iglio Consigliere in rappresentanza di Durazzano sottolinea come “queste occasioni messe a disposizione della Regione e anche da altre istituzioni quando sarà, devono vederci sempre pronti con risposte adeguate e puntuali. La stretta collaborazione tra i comuni dell’area ha dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, che rappresenta l’unica strada percorribile per il raggiungimento di obiettivi reali e concreti. Mi auguro che si tratti solo di un primo passo, da parte nostra c’è tutta la collaborazione possibile. Del resto lo dobbiamo in primo luogo alle nostre imprese”.

“Un buon inizio – ha dichiarato il presidente di Unimpresa Ignazio Catauro – il primo nella provincia di Benevento. Consentitemi di ringraziare oltre gli amministratori dei sei comuni coinvolti, tutte i nostri associati dell’area interessati al Distretto Diffuso del Commercio Taburno, che in questo anno e mezzo hanno sempre manifestato la loro totale adesione al progetto. Gli amici associati di Sant’Agata che hanno suggerito le tante iniziative da fare. Quelli di Frasso e di Melizzano che hanno messo in chiaro come fosse necessario promuovere la filiera dell’agroalimentare locale. E poi le imprese della manifattura con vendita diretta del comune di Limatola, che hanno sottolineato che l’associazione deve battersi perché le amministrazioni stiano più vicine agli imprenditori in questo momento di particolare difficoltà. Gli associati Unimpresa di Dugenta e Durazzano hanno voluto che si sviluppasse nella Relazione illustrativa di progetto il tema a loro particolarmente caro delle aree mercatali. Insomma li ringrazio tutti, anche naturalmente quelli che sono iscritti ad altre associazioni, lo spirito deve essere unitario e fortemente collaborativo”, ha concluso il presidente Catauro.

INCONTRO INFORMATIVO RESTO AL SUD

Si terrà venerdì 3 dicembre, alle ore 16:00, presso la sede coordinamento provinciale Sindacato Cisal Metalmeccanici Napoli Sud – Boscoreale, in via Giardini n. 27 – 80041 – Napoli, l’incontro informativo Resto al Sud, incentivi estesi al commercio e alle isole minori del Centro-Nord”.

L’incontro – promosso dall’Associazione AREST quale Ente accreditato da Invitalia per l’assistenza ed informazione sulla fattibilità dell’idea di impresa, nell’ambito del programma di agevolazioni per la nascita e lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali e libero professionali Resto al Sud vedrà la partecipazione di consulenti esperti in materia di finanza agevolata.

Per informazioni dell’incontro è possibile contattare il Coordinatore Provinciale Napoli sud Cisal Metalmeccanici, Antonio Fiore, tel.: 081.9769627 entro il 30 novembre 2021.

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Resto al Sud, incentivi estesi al commercio e alle isole minori del Centro-Nord

Resto al Sud esteso anche alle attività commerciali e alle isole minori del Centro-Nord.

Sono queste le due novità che rafforzano ulteriormente l’incentivo per gli imprenditori under 56, già attivo nelle regioni del Mezzogiorno e in alcune aree del Centro Italia colpite dei terremoti del 2016 e 2017.

Il doppio ampliamento, che riguarda i settori di applicazione e i confini geografici, è stabilito dall’articolo 13 della Legge 9 novembre 2021, n. 156 (legge di conversione con modificazioni del Decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121).

L’apertura al commercio consente di allargare in modo significativo il bacino dei potenziali beneficiari, come era già accaduto con l’estensione ai liberi professionisti.

Le isole del Centro-Nord a cui sono stati estesi gli incentivi sono le seguenti:

Isole minori marine:

  • Campo nell’Elba
  • Capoliveri
  • Capraia
  • Giglio
  • Marciana
  • Marciana Marina
  • Ponza
  • Porto Azzurro
  • Portoferraio
  • Portovenere
  • Rio
  • Ventotene

Isole lagunari e lacustri:

  • Isole della laguna veneta: Lido, Murano, Pellestrina, Burano, Sant’Erasmo, Mazzorbo, Vignole, Torcello, San Giorgio, San Michele, San Clemente, San Francesco del Deserto, Marzobetto, San Lazzaro degli Armeni
  • Isole della laguna di Grado: Isola di Grado, Isola di Santa Maria di Barbana, Isola di Morgo
  • Isole del lago d’Iseo: Monte Isola
  • Isole del lago di Garda
  • Comacina (lago di Como)
  • Isola d’Orta – San Giulio
  • Isole del lago Trasimeno: Isola Maggiore e Isola Polvese
  • Isole Borromee: Isola Superiore, Isola Bella, Isola Madre, Isola San Giovanni

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Reddito di Cittadinanza, Ecco cosa cambia dal 2022

Stretta sul reddito di cittadinanza.

Dal prossimo anno per conservare il sostegno economico, il beneficiario dovrà recarsi almeno una volta al mese presso il centro per l’impiego per attestare la ricerca attiva del lavoro. E dopo una sola assenza ingiustificata scatterà la decadenza. Stessa sanzione anche per chi rifiuta una seconda offerta di lavoro “congrua” (anziché tre come accade oggi).Lo prevede l’ultima bozza del disegno di legge di bilancio per il 2022 presentato dal Governo. Inoltre la domanda di RdC equivarrà a dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (oggi invece la Did si rende in sede di primo incontro presso il Cpi). 

Offerta congrua

Per evitare che il sussidio diventi un disincentivo alla ricerca del lavoro vengono rivisti i criteri dell’offerta congrua, che si riducono da 100 ad 80 km di distanza dalla residenza per la prima offerta mentre la seconda offerta diventa valida per «tutta Italia» (oggi 250 km di distanza dalla residenza). A prescindere dalla circostanza che il titolare percepisca l’RdC da più o meno 12 mesi. Si considerano, inoltre, sempre congrue tutte le offerte (sia prima che seconda) di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale entro 80 km dalla residenza. Dopo due posti di lavoro rifiutati, finora erano tre, si decade dal beneficio.

Si modificano anche i criteri che quantificano l’entità della retribuzione offerta. Finora era congrua un’offerta economica di minimo 858€ al mese a prescindere dal tipo di rapporto. La cifra, prevede il ddl, dovrà essere proporzionata rispetto all’orario di lavoro effettivo e saranno considerate valide anche le offerte a tempo determinato o in somministrazione di durata non inferiore a tre mesi.

Riduzione

Chi rifiuta la prima offerta si vedrà applicare una riduzione di 5 euro al mese, con un decalage che si fermerà alla soglia dei 300 euro al mese da moltiplicare per la cd. scala di equivalenza anche in caso di rinnovo del RdC. La decurtazione non si applicherà comunque ai nuclei con figli minori di 3 anni e/o una persona con disabilità grave o non autosufficienza. La riduzione viene sospesa dal primo giorno del mese successivo a quello in cui almeno un componente del nucleo familiare abbia avviato un’attività di lavoro dipendente o autonomo dal almeno un mese continuativo. Ricerca attiva

Il ddl prevede che la ricerca attiva del lavoro venga verificata, presso il centro per l’impiego, almeno con frequenza mensile e «in presenza» (va in soffitta la possibilità di collegarsi in remoto); e che in caso di mancata presentazione al centro per l’impiego, senza un comprovato giustificato motivo, scatti immediatamente la decadenza dal beneficio.

Idem per chi non può sottoscrivere il Patto per il lavoro ma è vincolato da quello per l’inclusione sociale: ci si deve presentare ai centri anti-povertà per vedere i progressi fatti e verificare il rispetto del «progetto personalizzato» di inclusione, pena lo stop al Reddito. Nell’ambito dei Puc (i progetti di pubblicità utilità) i Comuni sono tenuti ad impiegare almeno un terzo dei percettori di RdC residenti.

La domanda vale come DID

Arriva anche una semplificazione degli adempimenti: chi chiederà il RdC dichiarerà automaticamente l’immediata disponibilità a lavorare, per sé e per tutti i soggetti maggiorenni del nucleo familiare (quindi non occorrerà più fare la DID). Sarà l’Inps, poi, una volta ricevuta la domanda di RdC, a trasmettere le varie DID all’Anpal, ai fini dell’inserimento dei nominativi nel sistema informativo unitario delle politiche del lavoro. La domanda di RdC priva dell’espressa dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro sarà improcedibile.

Comunicazione anticipata di lavoro

Il beneficiario di RdC, in caso di variazione della condizione occupazionale per avvio di attività d’impresa o di lavoro autonomo da parte di uno o più componenti il nucleo familiare, è tenuto a farne comunicazione all’Inps entro 30 giorni dall’inizio dell’attività, a pena di decadenza dal sussidio. Il ddl di bilancio anticipa il temine d’adempimento al «giorno antecedente all’inizio» della nuova attività.

Incentivi

Per aiutare i beneficiari a cercare lavoro non ci saranno più i 2.500 navigator che non vengono prorogati ma i dipendenti dei centri per l’impiego e delle Agenzie per il lavoro autorizzate a «svolgere attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro per i beneficiari di RdC».
Alle Agenzie viene riconosciuto per ogni assunto a seguito dell’attività di mediazione svolta il 20% degli incentivi previsti per i datori di lavoro. Questi ultimi, infine, avranno diritto agli incentivi anche in caso di rapporti di lavoro a tempo parziale o a tempo determinato (finora esclusi).

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Pensioni, Ok a Quota 102. Ecco tutte le novità della Legge di Bilancio 2022

Proroga dell’ape sociale, di opzione donna e del contratto di espansione, quota 102 per il solo 2022 e una pensione a 62 anni solo per le piccole e medie imprese. Sono le principali novità contenute nella bozza di legge bilancio 2022, approvata ieri dal consiglio dei ministri. Alle misure si abbina l’estensione dei nuovi criteri di calcolo dell’articolo 54 del DPR 1092/1973 anche alle forze di polizia ad ordinamento civile con meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995 ed il parziale trasferimento dell’Inpigi (l’ente di previdenza dei giornalisti) all’Inps.

Arriva Quota 102E’ confermata la fine di quota 100 al 31 dicembre 2021. Al suo posto dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 si potrà accedere alla pensione con 64 anni e 38 di contributi.Alla prestazione si continuano ad applicare tutti gli istituti già noti per Quota 100. In particolare il divieto di cumulo redditi da lavoro/pensione; la facoltà di utilizzare la contribuzione mista per raggiungere il requisito contributivo di 38 anni (tranne la contribuzione presente nelle  Casse professionali); il regime delle finestre mobili (3 mesi per il settore privato, 6 mesi per il pubblico impiego); i termini di pagamento della buonuscita (che restano dilazionati) nonché la facoltà di ottenere l’anticipo del TFS/TFR.

Si prevede, inoltre, che il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2022 possa essere esercitato anche negli anni successivi (cd. cristallizzazione). 

Ape Social

Si rinnova anche nel 2022 l’Ape sociale, cioè la possibilità di ricevere, in attesa di maturare l’età per la pensione di vecchiaia (67 anni anche nell’anno 2022), l’erogazione di un sussidio mensile d’importo massimo di 1.500 euro lordi a carico dello stato. Con alcune novità sui requisiti di accesso. In particolare nel caso di lavoratori disoccupati per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito della procedura di licenziamento economico, è abrogato il requisito di “almeno tre mesi” della conclusione della fruizione dell’indennità di disoccupazione (Naspi, Dis-Coll, etc.).Vengono, inoltre,  ampliate le categorie professionali che possono accedere all’Ape sociale con 63 anni e 36 di contributi. Si aggiungono magazzinieri, estetisti, portantini, personale addetto alla consegna delle merci, lavoratori delle pulizie, conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di sollevamento.

Opzione donna

Beffa invece per opzione donna. E’ vero che viene rinnovata anche nel 2022 ma aumentano di due anni i requisiti anagrafici (da 58 a 60 le dipendenti; da 59 a 61 le autonome). Nello specifico potranno lasciare le lavoratrici, pubbliche e private, dipendenti o autonome, se entro il 31 dicembre 2021 hanno compiuto 60 anni d’età (61 se autonome) e almeno 35 anni di contributi. Quindi la novella si rivolge solo a coloro che raggiungono i 35 anni di contributi nel 2021. Confermato il regime di differimento nella percezione del primo rateo pensionistico (la cd. finestra): 12 mesi per le dipendenti; 18 mesi le autonome. Il personale delle scuole potrà fare domanda entro il 28 febbraio 2022.

Fondo imprese in crisi

E’ istituito un fondo ad hoc (con 200 mln di euro per ogni anno dal 2022 al 2024) al fine di favorire l’uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori con 62 anni d’età dipendenti di piccole e medie imprese in crisi. La disciplina sarà scritta in un futuro decreto interministeriale.

Inpgi all’Inps

Nella legge di bilancio c’è anche il passaggio parziale degli iscritti dall’Inpgi all’Inps dal primo luglio 2022. L’Istituto però non sarà commissariato, tutte le prestazioni maturate al 30 giugno secondo le regole Inpgi, anche quelle di chi non è ancora andato in pensione, sono salvaguardate, l’Inpgi continuerà a esistere per assicurare la previdenza dei giornalisti che svolgono lavoro autonomo.

Contratto di Espansione

Si rinnova anche nel 2022 e nel 2023 il contratto di espansione. Potranno farne ricorso le aziende con un organico non inferiore a 50 unità (rispetto alle 100 attuali).

Art. 54

Si prevede l’applicazione dell’aliquota di rendimento del 2,44% in riferimento alle anzianità contributive maturate entro il 31.12.1995 anche al personale delle forze dell’ordine ad ordinamento civile (es. Polizia di Stato) oggi escluso dagli effetti della sentenza n°1/2020 della corte dei conti a sezioni riunite. Viene anche istituito un fondo per la realizzazione di interventi perequativi di natura previdenziale per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Tutele COVID, In Gazzetta il cd. Decreto Fiscale. Ecco Cosa Cambia

Rifinanziati gli oneri per l’equiparazione della quarantena alla malattia nel 2021. Ma l’INPS non rimborserà più gli oneri sostenuti dai datori di lavoro. Rinnovata sino al 31 dicembre 2021 anche la Cassa COVID ed i congedi per la sospensione delle attività didattiche dei figli minori di 14 anni.

Rinnovo del congedo straordinario a favore dei genitori di figli minori di 14 anni in Dad, altre 13 settimane di cassa integrazione con causale covid per i datori di lavoro non rientranti nel perimetro delle integrazioni salariali ordinarie, rifinanziamento degli oneri nel 2021 per l’equiparazione della quarantena alla malattia. Sono le principali novità contenute nel dl n. 146/2021 (cd. decreto fiscale) pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale ed in vigore da oggi. Tre le novità.

Quarantena

In primo luogo il decreto rifinanzia, dal 31 gennaio 2020 sino al 31 dicembre 2021, l’equiparazione alla malattia del periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva dai lavoratori dipendenti del settore privato. L’INPS, pertanto, potrà erogare l’indennità di malattia anche per gli eventi “quarantena” occorsi nel 2021 dopo lo stop per esaurimento dei fondi avvenuto ad inizio anno per il mancato stanziamento di risorse (come si ricorderà il messaggio n. 2842/2021 stabilì che sulle quarantene del 2021 i lavoratori non avrebbero più avuto diritto alla tutela della malattia, come avvenuto per l’anno 2020).

Stop ai rimborsi

Viene tuttavia abrogato il comma 482 della legge n. 178/2020 e modificato il comma 5 dell’articolo 26 del dl n. 18/2020 che dispone che i costi per le tutele delle quarantene-malattia (e delle assenze per i lavoratori cd. fragili non adibiti al lavoro agile) debba essere interamente sostenuti dallo Stato. Le due misure vengono sostituite da una nuova norma che finanzia solo gli oneri dell’Inps connessi alla malattia «dal 31 gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021». I datori di lavoro, pertanto, non saranno più rimborsati per i tre giorni di carenza delle quarantene-malattia, né il 50% dei giorni dal quarto al ventesimo (l’altro 50% è a carico dell’Inps) nel 2020 e nel 2021. La relazione tecnica al decreto Fiscale afferma che solo nel 2020 sono state circa 13,2 mln per 941.500 lavoratori le giornate richieste per le quarantene-malattia. E che fino a metà di agosto sono state 12,1 milioni riferite a 870.000 lavoratori.
E’ introdotto, tuttavia, un rimborso forfettario una tantum ai datori di lavoro che impiegano lavoratori dipendenti privi dell’assicurazione INPS contro la malattia con esclusione dei collaboratori familiari (si tratta prevalentemente degli impiegati e quadri dell’industria e dirigenti). Per compensare gli oneri economici per il pagamento dell’indennità di malattia dal 31 gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2021  (qui interamente sostenuti dai datori di lavoro) viene riconosciuto un importo di 600€ per ogni singolo lavoratore e per ciascuno degli anni 2020 e 2021. Il rimborso è previsto solo nei casi in cui la prestazione lavorativa, durante l’evento, non possa essere svolta in modalità agile. Il rimborso è erogato dall’INPS, previa presentazione da parte del datore di lavoro di apposita domanda telematica corredata da dichiarazione attestante i periodi di assenza da trasmettere nelle modalità ed entro i termini che saranno indicati dall’INPS.

Cassa COVID

La seconda novità riguarda la proroga della Cassa COVID-19 per le imprese di minori dimensioni, non rientranti nel perimetro di applicazione delle integrazioni salariali ordinarie. Oltre alle 28 settimane già riconosciute ai sensi del dl n. 41/2021 (decreto sostegni) dal 1° aprile 2021 al 31 dicembre 2021 il provvedimento aggiunge ulteriori 13 settimane di ASO o CIGD con causale COVID-19 nel periodo temporale tra il 1° ottobre 2021 ed il 31 dicembre 2021 a favore dei lavoratori in forza alle aziende al 22 ottobre 2021.

Nove settimane aggiuntive di CIGO COVID-19 nel periodo temporale dal 1° ottobre 2021 al 31 dicembre 2021 vengono riconosciute ai datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, identificati, secondo la classificazione delle attività economiche ATECO 2007, con i codici 13, 14 e 15. Questi datori, in deroga alla normativa post-covid, avevano già ottenuto una estensione della CIGO COVID di 17 settimane tra il 1° luglio 2021 ed il 31 ottobre 2021 con il dl n. 73/2021 (cd. decreto sostegni bis).

Come per la precedente normativa anticovid per entrambe le prestazioni non è previsto il pagamento del contributo addizionale e ai datori che fanno ricorso alle tutele è inibita la facoltà di licenziamento per motivi economici (salvo casi particolari) per tutta la durata dell’integrazione salariale.
Infine ai lavoratori delle aree di crisi industriale complessa ubicate nel territorio della Regione siciliana viene prorogata sino al 31 dicembre 2021 l’indennità di mobilità in deroga richiesta nel 2020 dopo aver cessato la Naspi nell’anno 2020.

Figli Minori

Infine al lavoratore dipendente genitore di figlio convivente minore di 14 anni, alternativamente all’altro genitore, è riconosciuto il congedo parentale straordinario indennizzato al 50% della retribuzione (coperto da contribuzione figurativa) per un periodo corrispondente in tutto o in parte alla durata della sospensione dell’attività didattica o educativa in presenza del figlio, alla durata dell’infezione da SARS-CoV-2 del figlio, nonché alla durata della quarantena del figlio disposta dal Dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto.

Il congedo può essere fruito anche in modalità oraria e decorre dal 1° settembre 2021 (con possibilità, a domanda, per il genitore di convertire i periodi di congedo parentale ordinario già eventualmente fruiti). La misura può essere fruita sino al 31 dicembre 2021 ed è riconosciuta anche ai lavoratori iscritti alla gestone separata dell’INPS e alle gestioni autonome (es. commercianti ed artigiani).

Se il figlio minore ha un’età compresa tra 14 e 16 anni in luogo del congedo indennizzato uno dei genitori, alternativamente all’altro, ha diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Resto al Sud: 10.000 progetti approvati e 37.000 nuovi posti di lavoro

Boom di richieste per l’incentivo di Invitalia che finanzia gli under 56 del Mezzogiorno

Con oltre 440 progetti approvati a settembre 2021, l’incentivo Resto al Sud gestito da Invitalia ha stabilito il record mensile dalla sua partenza nel gennaio 2018. Questo exploit porta a circa 10.000 il totale delle iniziative ammesse ai finanziamenti in poco più di tre anni e mezzo.

Si conferma, quindi, l’efficacia del mix agevolativo messo a disposizione delle imprese che vogliono avviare o rafforzare il proprio business: un contributo a fondo perduto e un prestito bancario a tasso zero, assistito dal Fondo di garanzia di Mediocredito Centrale.

Resto al Sud prevede una copertura finanziaria pari al 100% dei costi di avvio delle nuove iniziative promosse dagli under 56 residenti nel Mezzogiorno e nelle aree del cratere sismico del Centro Italia, a cui stanno per aggiungersi le isole minori del Centro-Nord.

Gli investimenti attivati sono complessivamente pari a 690 milioni di euro, a fronte di 400 milioni di finanziamenti già erogati, per una ricaduta occupazionale che sfiora i 37.000 nuovi posti di lavoro.

Risultati così rilevanti sono dovuti anche ai tempi di risposta ai neoimprenditori assicurati da Invitalia, significativamente inferiori ai 60 giorni previsti dalla normativa di riferimento.

Il record di progetti approvati a settembre, insieme al trend crescente di domande presentate nel 2021, confermano anche la vivacità imprenditoriale delle aree meno sviluppate del Paese, alimentata anche dalla volontà di essere parte attiva della ripresa economica post-Covid.

Tutti i dettagli su Resto al Sud

Dal 30 settembre addio al Pin Inps

La rivoluzione nel mondo delle prestazioni sociali online è già iniziata da ottobre 2020, mese da cui abbiamo iniziato a dire addio al Pin Inps per passare in modo definitivo allo Spid (il sistema pubblico di identità digitale). È stato lo stesso Istituto a comunicarlo con la circolare 87 del 17 luglio 2020.

L’Inps attualmente non rilascia più il Codice pin dal 1° ottobre dello scorso anno, ma chi ne è già in possesso da tempo può ancora continuare ad utilizzarlo. Fino a quando però?

Il dubbio è stato chiarito il 2 luglio 2021 dall’Ente, che ha pubblicato sul sito la circolare n. 95 per mettere nero su bianco che i PIN già rilasciati dall’Istituto alla data del 1° ottobre 2020 e rimasti in vigore nel periodo transitorio, saranno dismessi entro il 30 settembre 2021.

Da questa data il sistema Pin sarà dismesso definitivamente e saluteremo per sempre la vecchia modalità di accesso web. Meglio dunque affrettarsi a dotarsi di SPID, o comunque di credenziali CNS.

Lo switch-off (passaggio dal Pin allo Spid) graduale dal PIN allo SPID è quindi partito dal 1° ottobre 2020. Innanzitutto, da questa data non vengono più rilasciati PIN Inps come credenziali per accedere ai servizi online dell’Istituto.

Dal 1° ottobre quindi è avvenuto questo:

  • non sono più rilasciati nuovi PIN agli utenti, salvo quelli richiesti da utenti che non possono avere accesso alle credenziali SPID e per i soli servizi loro dedicati;
  • i Pin già in possesso degli utenti conserveranno la loro validità e potranno essere rinnovati alla naturale scadenza fino alla conclusione della fase transitoria: ora sappiamo che la fine di questa fase è fissata al 30 settembre 2021.

Cos’è lo Spid

Lo Spid è un sistema pubblico di identità digitale, che garantisce l’accesso a tutta una serie di servizi offerti dalla Pubblica amministrazione, perché si basa su un riconoscimento dell’identità della persona che lo ottiene.

Se si è residenti in Italia, per ottenerlo occorrono:

  • un indirizzo e-mail
  • il numero di telefono del cellulare normalmente usato
  • un documento di identità valido (uno tra: carta di identità, passaporto, patente, permesso di soggiorno)
  • la tessera sanitaria con il codice fiscale

Per richiedere la procedura di rilascio di identità digitale o dell’emissione della CNS clicca qui

Novità sulla disciplina del sovraindebitamento

Nuove opportunità per cittadini, imprese e professionisti

La Legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione del decreto-legge n. 137/2020 (misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), ha apportato importanti modifiche alla disciplina delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3/2012.

Come traspare dalla stessa rubrica dell’art. 4-ter: “Semplificazioni in materia di accesso alle procedure di sovraindebitamento per le imprese e i consumatori di cui alla legge 22 gennaio 2012, n. 3”, in questo momento eccezionale di emergenza pandemica e di conseguente crisi economica il Legislatore ha ritenuto necessario anticipare l’entrata in vigore, già programmata per il 1° settembre 2021, della parte della disciplina della crisi da sovraindebitamento contenuta nel codice della crisi d’impresa, confermando così la propria convinzione che il ricorso a tali procedure rappresenti il miglior strumento per fronteggiare l’eccezionale emergenza economica causata dalla pandemia.

Che la situazione sia drammatica per gran parte del mondo delle imprese è noto: nel settore del commercio non alimentare e dei servizi nel corso del 2020 sono sparite dal mercato oltre 240.000 imprese. Ed altrettanto gravi ripercussioni hanno subito i lavoratori autonomi (soggetti titolari di partita Iva operanti senza alcun tipo di organizzazione societaria), per i quali si stima la chiusura dell’attività per circa 200.000 professionisti, ordinistici e non.

Se vogliamo pensare ad una ripartenza è necessario offrire a tutti coloro che hanno subito la chiusura forzata della propria attività con perdite economiche la possibilità di ottenere l’esdebitazione in tempi rapidi e a spese contenute.

Proprio a questo mira la riforma delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento: offrire una seconda possibilità a coloro che a causa della pandemia hanno visto sfumare il progetto di lavoro sul quale avevano creduto ed investito.

Le modifiche apportate alla disciplina delle procedure di sovraindebitamento sono rilevanti e per certi versi sorprendenti (si pensi ad esempio all’esdebitazione che può ottenere anche il debitore incapiente).

Vediamo le principali novità.

Falcidiabilità del debito IVA

È stata corretta l’ingiustificata disparità di trattamento tra i soggetti fallibili che possono ricorrere al concordato preventivo, ove la falcidiabilità dell’IVA è prevista dall’art. 182-ter L.F., e i soggetti non fallibili che invece, ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 3/2012 anteriforma, potevano ottenere solo la dilazione del pagamento dell’IVA ma non la sua decurtazione come era invece previsto per gli altri tributi.

Per tali motivi la Corte costituzionale, con sentenza n. 45 del 22 ottobre 2019, aveva dichiarato l’incostituzionalità di tale norma per contrasto con gli art. 3 e 97 Cost., dato che di fronte a situazioni omogenee venivano discriminati i soggetti che ricorrevano alle procedure di sovraindebitamento rispetto a quelli che potevano accedere al concordato preventivo.

La riforma ha quindi soppresso il terzo capoverso dell’art. 7 della Legge n. 3/2012, eliminando così, oltre a detta ingiustificata disparità di trattamento, anche quello che sino ad ora rappresentava il principale ostacolo alla sostenibilità del piano proposto dal debitore. 

I debiti dei soci illimitatamente responsabili di società di persone

Il comma 2-ter dell’art. 7 prevede che “L’accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.

Anche in questo caso è stata anticipata la previsione già sancita dall’art. 65 del Codice della crisi d’impresa.

La medesima disposizione è prevista anche per la procedura di liquidazione del patrimonio: all’art. 14-ter è stato aggiunto il comma 7-bis il quale prevede che “il decreto di apertura della liquidazione della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.

Le “Procedure familiari”

Il nuovo art. 7-bis prevede che i componenti del medesimo nucleo familiare (il coniuge e i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo grado, nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto di cui alla L. n. 76/2016) possono presentare un’unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o comunque quando il sovraindebitamento ha avuto un’origine comune.

La previsione è molto importante perché permette di affrontare in un unico contesto l’indebitamento complessivo della famiglia, dato che spesso i debiti contratti da un familiare finiscono per sovrapporsi o intersecarsi con quelli degli altri (si pensi al frequente caso in cui un membro della famiglia abbia garantito obbligazioni assunte dall’altro).

Questa nuova possibilità, peraltro già ammessa dalla giurisprudenza, è di grande attualità dato che il COVID-19 ha agito da moltiplicatore rispetto all’indebitamento e all’impoverimento dei nuclei familiari.

Il debitore incapiente

La riforma consente che anche la persona fisica incapiente, che cioè non sia in grado di offrire nulla ai creditori possa per una volta nella vita, purché meritevole, usufruire dell’esdebitazione.

L’art. 14-quaterdecies prevede infatti che “Il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice nel caso in cui sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10 per cento.

Trattandosi di debitore incapiente, assume particolare rilevanza il requisito della meritevolezza. A tale proposito, affinché il giudice possa decidere in merito alla sussistenza di tale requisito, alla domanda deve essere allegata una relazione dell’OCC che specifichi:

  1. l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;
  2. l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
  3. l’indicazione dell’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
  4. la valutazione sulla completezza e sull’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.

Il giudice, esaminata la documentazione depositata e la relazione dell’OCC, assunte le informazioni ritenute utili, valutata la meritevolezza del debitore e verificata l’assenza di atti in frode e la mancata di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento, concede con decreto l’esdebitazione indicando le modalità e il termine entro i quali il debitore deve presentare, a pena di revoca del beneficio, ove positiva, la dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti ai sensi dei commi 1 e 2.

Entro trenta giorni dalla comunicazione del decreto i creditori possono proporre opposizione, sulla quale decide il giudice con libertà di forme previa instaurazione del contraddittorio con i creditori medesimi. La decisione è soggetta a reclamo da presentare in Tribunale in composizione collegiale, del quale non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

Falcidia e ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio

La riforma prevede che la cessione preventiva del quinto dello stipendio, o il suo pignoramento, non è opponibile alla procedura.

Il nuovo comma 1-bis prevede infatti che la proposta di piano del consumatore possa prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno.

Si tratta di una novità molto importante in quanto consente di liberare risorse a vantaggio di tutti i creditori, soprattutto nei casi in cui le utilità messe a disposizione dal debitore comprendano anche la retribuzione da lavoro.

Il mutuo ipotecario

È consentito al debitore di sottrarre alle regole del concorso il debito contratto per il rimborso del mutuo ipotecario per l’acquisto della prima casa.

Il comma 1-ter prevede infatti che la proposta di piano del consumatore e la proposta di accordo possono prevedere anche il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore se lo stesso, alla data del deposito della proposta, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data.

Analoga norma è prevista dal comma 1-quater quando l’accordo è proposto da un soggetto che non è consumatore e preveda la continuazione aziendale. In tal caso è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante sui beni strumentali all’esercizio dell’impresa.

In tal caso l’OCC attesta che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.


La riscrittura del sovraindebitamento rappresenta certamente una novità molto positiva, che potrà offrire un’ancora di salvezza a tutti coloro, sia cittadini che imprenditori, che sono stati duramente colpiti anche sotto il profilo economico dalla pandemia.

AGEVOLAZIONI ASSUNZIONI 2021

Ecco tutti i bonus e gli incentivi assunzioni disponibili per il 2021, e quali sono le agevolazioni per favorire l’inserimento lavorativo di alcune categorie di lavoratori:

INCENTIVO OCCUPAZIONE SUD

Prevede la decontribuzione totale (100%) per le imprese che assumono disoccupati in alcune aree del Meridione italiano. I territori interessati sono Abruzzo, Molise, Sardegna, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

INCENTIVO IO LAVORO

Il bonus IO Lavoro consiste in uno sgravio fiscale fino a 8.060 euro per un anno, a favore delle aziende che assumono giovani tra 16 e 24 anni, e disoccupati da 25 anni in su.

BONUS OCCUPAZIONE GIOVANI

Prevede uno sgravio dei contributi previdenziali per i datori di lavoro che assumono i giovani under 35, pari al 50%.

BONUS DONNE

L’agevolazione consiste nella riduzione dei contributi pari al 50% per i datori di lavoro che assumono, a tempo indeterminato o determinato, lavoratrici prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, o da 6 mesi se risiedono in aree svantaggiate. Vale anche per le assunzioni di donne che lavorano in una professione o in un settore economico caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere. Ecco il decreto interministeriale che individua settori e professioni caratterizzati da un maggior tasso di disparità uomo-donna per il 2021, ai fini del riconoscimento dell’incentivo.

BONUS ASSUNZIONI DECRETO AGOSTO

Il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 ha introdotto un nuovo incentivo per le aziende che assumono personale a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2020. Il bonus decreto agosto consiste in uno sgravio del 100% dei contributi per un periodo di 6 mesi e vale anche per la stabilizzazione di contratti a termine.

DECONTRIBUZIONE SUD

Il decreto agosto ha introdotto una nuova agevolazione contributiva per il Sud, che consiste in uno sconto sui contributi pensionistici pari al 30%. Il beneficio è concesso alle aziende meridionali, per il periodo dal 1 ottobre al 31 dicembre 2020.

BONUS ASSUNZIONI REDDITO CITTADINANZA

L’agevolazione per le aziende che assumono i beneficiari del Reddito di Cittadinanza prevede l’esonero contributivo per il datore di lavoro. L’agevolazione non può superare i 780 euro al mese e ha durata variabile in base al periodo di fruizione del RdC già goduto dal lavoratore.

INCENTIVO APPRENDISTATO

Consiste in uno sgravio contributivo per i datori di lavoro che assumono giovani fino a 29 anni di età, con contratto di apprendistato professionalizzante.

INCENTIVO PER LAUREATI E DOTTORI DI RICERCA

I datori di lavoro che assumono Laureati magistrali che hanno conseguito il titolo di studio con votazione di 110/110 e lode, e Dottori di ricerca, hanno diritto ad uno sgravio dei contributi fino a 8.000 euro, per un periodo di 12 mesi.

BONUS GIOVANI GENITORI

Spetta ai datori di lavoro privati che assumono con contratto a tempo determinato giovani genitori di età non superiore a 35 anni e con figli minori, anche in affido. Viene concesso una tantum e ha un importo di 5.000 euro per ciascuna assunzione o trasformazione di contratto, fino ad un massimo di 5 assunzioni per datore di lavoro.

AGEVOLAZIONE PER OVER 50

Le aziende che assumono lavoratori e lavoratrici con più di 50 anni hanno diritto ad una decontribuzione del 50%.

BONUS DISABILI

Le aziende che assumono con contratto a tempo indeterminato persone con disabilità, o ne trasformano il rapporto di lavoro a termine in tempo indeterminato, anche con orario part time, possono beneficiare dei seguenti incentivi, in base al grado di disabilità del lavoratore assunto:

  • 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, nel caso di lavoratori che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o affetti da disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%;
  • 35% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per l’assunzione di persone con una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79%.

BONUS RIOCCUPAZIONE

Il bonus rioccupazione spetta ai datori di lavoro che assumono beneficiari dell’assegno di ricollocazione. Consiste in uno sconto del 50% dei contributi previdenziali, per un periodo da 12 a 18 mesi, fino a 4.030 euro l’anno.

INCENTIVO PERCETTORI NASPI

Chi assume a tempo indeterminato i percettori della Nuova assicurazione sociale per l’impiego può accedere ad un beneficio. L’importo è pari al 20% dell’indennità mensile che sarebbe stata corrisposta al lavoratore o alla lavoratrice per il periodo residuo di spettanza dell’indennità.

INCENTIVO PERCETTORI CIGS

Le imprese che assumono a tempo indeterminato persone che percepiscono la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria da almeno 3 mesi, dipendenti di aziende che beneficiano di questa indennità da minimo 6 mesi, hanno diritto ad una contribuzione pari al 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per un anno e ad un contributo mensile pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore per un periodo variabile in base all’età di quest’ultimo, come di seguito indicato:
– 9 mesi per lavoratori fino a 50 anni;
– 21 mesi per lavoratori over 50;
– 33 mesi per lavoratori con più di 50 anni, che risiedono nelle aree del Mezzogiorno e in quelle ad alto tasso di disoccupazione.

ALTRI INCENTIVI

Esistono anche delle agevolazioni per cooperative sociali e aziende, che assumono persone in esecuzione di pena o di misure di sicurezza detentiva o altre categorie di soggetti considerate ultra svantaggiate.

COME VERIFICARE SE SI PUO’ RICHIEDERE L’INCENTIVO ASSUNZIONE

L’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro (Anpal), ovvero l’ente pubblico italiano che coordina le politiche del lavoro la Rete nazionale formata dalle strutture regionali per le politiche attive del lavoro, ha predisposto un’applicazione, denominata ‘Incentivabilità’, per controllare se una lavoratrice o un lavoratore risultano svantaggiati e possono essere assunti usufruendo degli incentivi 2020. Grazie a questo servizio online, dunque, i datori di lavoro interessati ad assumere un lavoratore o una lavoratrice possono verificare se le assunzioni sono incentivabili, ossia se è possibile usufruire di agevolazioni e bonus.

La funzionalità Anpal, infatti, permette di reperire informazioni riguardo alla presenza o meno di comunicazioni obbligatorie relative a rapporti di lavoro che rispettino le condizioni previste per accedere agli incentivi. Possono utilizzarla sia i Centri per l’Impiego che gli operatori iscritti all’albo informatico delle Agenzie per il lavoro, i soggetti iscritti all’albo nazionale dei Soggetti Accreditati ai servizi per il lavoro e i Cittadini.

Per accedere all’app occorre registrarsi sulla piattaforma dedicata ai servizi digitali Anpal e seguire l’apposita giuda. La registrazione è gratuita e consente di ottenere le credenziali di accesso (Userid e Password) per effettuare il login, necessario per fruire delle funzioni disponibili sul portale. 

REPERTORIO NAZIONALE DEGLI INCENTIVI

Per conoscere tutte le agevolazioni per le assunzioni di cui puoi beneficiare puoi consultare il Repertorio nazionale degli incentivi predisposto dall’Anpal. Si tratta di una banca dati, raggiungibile da questa pagina, contenente l’elenco aggiornato dei benefici disponibili per le assunzioni di specifiche categorie di lavoratori. 

Decreto Ristori: indennità una tantum e indennità onnicomprensiva

Il decreto Ristori (decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137) ha nuovamente previsto, a favore dei soggetti che hanno già beneficiato dell’indennità onnicomprensiva (di cui all’articolo 9, decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104), l’erogazione una tantum della stessa indennità di importo pari a mille euro.

L’Istituto informa che le categorie di lavoratori indicate nella circolare INPS 26 novembre 2020, n. 137, che hanno già fruito dell’indennità, non devono presentare una nuova domanda.

La circolare fornisce, inoltre, le istruzioni per i lavoratori del settore del turismo e degli stabilimenti termali che non abbiano già fruito dell’indennità onnicomprensiva e che pertanto possono presentare domanda di accesso al beneficio.

L’indennità onnicomprensiva è prevista anche per i lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell’emergenza da Covid-19, hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro e che non hanno già fruito di questa misura.

Fatture elettroniche: la guida dell’agenzia in vista del 1 gennaio 2021

Da 1 gennaio 2021 sarà obbligatorio il nuovo tracciato delle e-fatture, l’agenzia rende disponibile una guida per adempiere con facilità 

Nell’area tematica del sito della agenzia delle entrate intitolata “Fattura elettroniche e corrispettivi” è stata pubblicata una nuova guida utile per i contribuenti all’assolvimento dal 1 gennaio 2021 della nuova versione delle specifiche tecniche per la fatturazione elettronica. 

La guida è scaricabile qui 

In particolare si intende instradare il contribuente al corretto utilizzo dei codici: 

  • del campo “Tipo Documento”  
  • del campo “Natura”,  

introdotti nel nuovo tracciato delle e-fatture, facoltativo dal 1° ottobre 2020, ma che dovrà essere adoperato obbligatoriamente a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2021. 

Il tracciato con le nuove codifiche risponde all’esigenza di poter indicare in maniera univoca e puntuale le varie tipologie di operazioni Iva nella trasmissione dei dati delle fatture elettroniche e delle operazioni transfrontaliere. 

Vediamo alcuni esempi, poi la tabella predisposta dalla Agenzia delle Entrate. 

Il ricorso ai nuovi tipi documenti TD17, TD18 e TD19, che è una facoltà per il soggetto emittente, se effettuato in base alle indicazioni fornite nel manuale consentirà agli operatori Iva di trasmettere all’Agenzia delle entrate le informazioni fiscali relative a tutte le operazioni relative agli acquisti da fornitori residenti o stabiliti all’estero. 

Il tipo documento TD16 potrà essere utilizzato per comunicare le informazioni relative agli acquisti in reverse charge. 

Codice Descrizione Flusso 
TD01 Fattura FE/Esterometro 
TD02 acconto/anticipo su fattura FE 
TD03 acconto/anticipo su parcella FE 
TD04 nota di credito FE/Esterometro 
TD05 nota di debito FE/Esterometro 
TD06 Parcella FE 
TD07 fattura semplificata FES 
TD08 nota di credito semplificata FES 
TD09 nota di debito semplificata FES 
TD10 fattura di acquisto intracomunitario beni Esterometro 
TD11 fattura di acquisto intracomunitario servizi Esterometro 
TD12 documento riepilogativo (art. 6, d.P.R. 695/1996) Esterometro 
TD16 integrazione fattura reverse charge interno FE 
TD17 integrazione/autofattura per acquisto servizi dall’estero FE 
TD18 integrazione per acquisto di beni intracomunitari FE 
TD19 integrazione/autofattura per acquisto di beni ex art. 17 c.2 D PR 633/72  FE 
TD20 autofattura per regolarizzazione e integrazione delle fatture (ex art. 6 c.8 e 9 bis d.lgs. 471/97 o art. 46 c.5 d.l. 331/93)  FE 
TD21 autofattura per splafonamento FE 
TD22 estrazione beni da Deposito IVA FE 
TD23 estrazione beni da Deposito IVA con versamento dell’IVA FE 
TD24 fattura differita di cui all’art. 21, comma 4, lett. a) FE 
TD25 fattura differita di cui all’art. 21, comma 4, terzo periodo lett. b) FE 
TD26 cessione di beni ammortizzabili e per passaggi interni (ex art. 36 d.P.R. 633/72)  FE 
TD27 fattura per autoconsumo o per cessioni gratuite senza rivalsa FE 

L’implementazione dei campi “Natura” consentirà invece di associare il tipo di operazione tracciata dal documento elettronico ai diversi campi della dichiarazione annuale Iva. 

Testo unico salute e sicurezza

Aggiornato a Novembre 2020

Il Ministero rende disponibile la nuova versione del Decreto Legislativo 81/08 e smi – edizione novembre 2020 – in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, con tutte le disposizioni integrative e correttive e importi delle sanzioni aggiornati.

Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, si rende disponibile la versione del Decreto – novembre 2020 – in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro con l’aggiornamento alle ultime norme.

Novità in questa versione:

  • Inseriti gli interpelli n. 1 del 23/01/2020e n. 2 del 20/02/2020;
  • Inseritala lettera circolare prot. 11056 del 31/03/2020del Ministero della Salute sulla proroga al 31/07/2020 dei termini previsti dall’art. 40, comma1;
  • Inserita la lettera circolare del 29/04/2020 prot. 14915del Ministero della Salute contente indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività.
  • Modificato l’allegato XXXVIIIai sensi del Decreto Interministeriale del 02.05.2020, pubblicato nel sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 13 maggio 2020;
  • Modificati l’art. 242, comma 6, e gli allegati XLIIe XLIII, ai sensi del D.Lgs. 1 giugno 2020, n. 44 (pubblicato sulla G.U. 09/06/2020, n. 145, entrato in vigore il 24/06/2020);
  • Modificato l’art. 180, comma 3, ai sensi del Decreto Legislativo 31 luglio 2020, n. 101 (pubblicato sul S.O. n. 29, alla G.U. 12/08/2020, n. 201, in vigore dal 27/08/2020);
  • Inserito il Decreto 7 agosto 2020 -Abilitazione alla conduzione di generatori di vapore
  • Inserita la circolare n. 13 del 04/09/2020, congiunta tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero della Saluteriguardante chiarimenti sulla circolare del 29/04/2020 sui lavoratori fragili e Covid-19;Sostituito il Decreto Direttoriale n. 57 del 18 settembre 2019 con il Decreto Direttoriale n. 6 del 14 febbraio 2020 -Ventitreesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodichedi cui all’art. 71 comma 11(LINK ESTERNO all’Allegato);
  • Modificato l’allegato XLVIai sensi del Decreto Legge 7 ottobre 2020, n. 125 (pubblicato in G.U. 07/10/2020, n. 248, in vigore dal 08/10/2020).Inserita la lettera circolare dell’INL del 23/10/2020 prot. 3395riguardo il Decreto n. 94 del 7 agosto 2020 in materia di abilitazione alla conduzione di generatori di vapore.

Documento di Valutazione dei Rischi: cos’è e come si redige

Il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) è il prospetto che racchiude rischi e misure di prevenzione per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, ed è obbligatorio per tutte le aziende con almeno un dipendente.

 Il riferimento normativo per la prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro è il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro D.Lgs. 81/2008, che stabilisce anche pesanti sanzioni per chi non rispetta quest’obbligo.

Vediamo nel dettaglio cos’è e come si redige il documento di valutazione dei rischi.

Cos’è il DVR

Il DVR è un documento che individua i possibili rischi presenti in un luogo di lavoro e serve ad analizzare, valutare e cercare di prevenire le situazioni di pericolo per i lavoratori.

A seguito della valutazione dei rischi, infatti, viene attuato un preciso piano di prevenzione e protezione con l’obiettivo di eliminare, o quantomeno ridurre, le probabilità di situazioni pericolose.

Il responsabile del DVR è il Datore di Lavoro: egli non può delegare questa attività ma, in ogni caso, può decidere di affidarsi a un tecnico specializzato nel campo della sicurezza sul lavoro per una consulenza mirata.

Insieme al datore di lavoro ci sono anche altre figure professionali che, a seconda dei casi previsti dalla legge, sono implicate nella redazione del DVR:

1. Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) che affianca il datore in fase di valutazione dei rischi e contribuisce a pianificare le misure di protezione e prevenzione;

2. Medico Competente (MC) che contribuisce a valutare i rischi specifici in relazione alla salute dei lavoratori e si occupa di predisporre il protocollo di sorveglianza sanitaria;

3. Rappresentante dei Lavoratori (RLS) che viene consultato preventivamente sul contenuto della valutazione dei rischi e deve riceverne una copia per presa visione.

DVR: a cosa serve e come funziona

Il documento di valutazione dei rischi è indispensabile per regolarizzare la posizione di ogni azienda, con almeno un dipendente, in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il DVR serve a valutare le probabilità di accadimento di un evento dannoso per i lavoratori, calcolare l’entità del danno che ne può derivare e suggerire concrete misure di prevenzione e protezione.

Prima di passare alla stesura del documento (in forma cartacea o digitale) è necessario raccogliere alcune informazioni circa l’attività oggetto di valutazione: numero di addetti, mansioni svolte, fasi del processo lavorativo, ecc.

Il documento, inoltre, deve contenere:

  • anagrafica aziendale: tutti i dati dell’azienda;
  • organigramma del servizio di prevenzione e protezione: anagrafica delle figure professionali coinvolte nella redazione del DVR (RSPP, Medico competente, RLS, dirigenti, preposti);
  • descrizione del ciclo lavorativo: elenco di impianti, macchinari, attrezzature, sostanze chimiche impiegate, ecc.;
  • identificazione delle mansioni;
  • relazione sulla valutazione di tutti i rischi, che individua i pericoli presenti in ogni fase lavorativa e per ogni mansione individuata, i dipendenti esposti ai rischi specifici (rumore, vibrazioni, ROA, CEM, MMC, ecc. ), stima dell’esposizione e della gravità del danno; 
  • programma delle misure di prevenzione e protezione, con le eventuali procedure da adottare per migliorare i livelli di sicurezza, i tempi di realizzazione e l’indicazione dei dispositivi di protezione individuali da utilizzare;
  • programma degli interventi migliorativi necessari per aumentare i livelli di sicurezza.

Per facilitare le procedure, alcune tipologie d’impresa possono usufruire del DVR standardizzato, ma l’approccio più consigliato è sempre quello di calare questo importante documento nel proprio contesto aziendale: locali, attrezzature e situazioni di lavoro non sono sempre facilmente riconducibili a un modello unico e immutabile.

Inoltre, un DVR standard non dà all’azienda alcuna garanzia tutelativa nel caso in cui avvengano ispezioni dagli organismi di controllo, soprattutto in seguito a infortuni più o meno gravi.

Documento di Valutazione dei Rischi: quando è obbligatorio

Indipendentemente dal settore di categoria, il Documento di Valutazione dei Rischi è obbligatorio per tutte le aziende che hanno almeno 1 dipendente o collaboratore (soci lavoratori, tirocinanti, lavoratori con contratti temporanei) e va redatto:

 – entro 90 giorni per una nuova attività
 – nell’immediato, quando un lavoratore entra in forza a un’impresa già avviata.

Le uniche realtà esenti dall’obbligo del DVR sono i lavoratori autonomi e le imprese familiari, che seguono la normativa dell’art. 2222 del Codice Civile. Essendo una fotografia della realtà aziendale, non è prevista una scadenza del DVR, che però deve essere rivisto ogni volta che avvengono significative modifiche per quanto riguarda:

  • processo produttivo
  • organizzazione del lavoro
  • nuovi macchinari
  • nuove mansioni
  • scadenze periodiche per quanto riguarda alcuni rischi specifici (quali rumore, vibrazioni, stress lavoro correlato, ecc).

La copia originale, firmata da tutte le figure coinvolte, viene conservata in azienda e resa disponibile per eventuali visite d’ispezione di ASL, INPS, INAIL o Vigili del Fuoco che possono richiederne la visione.

È importante ricordare che la mancata o incompleta elaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi può comportare pesanti sanzioni per il Datore di Lavoro

 – ammenda da un minimo di 3.000 € fino ad un massimo di 15.000 €, oltre a pene detentive fino a 8 mesi;
 – sospensione dell’attività imprenditoriale in caso di reiterata mancanza di compilazione del DVR e mancata nomina dell’ RSPP;
 – modifica dei contratti subordinati aziendali: da tempo determinato, intermittente o somministrato a tempo indeterminato.

RESTO AL SUD

Cos’è

Resto al Sud sostiene la nascita e lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali e libero professionali in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e nelle aree del cratere sismico del Centro Italia (Lazio, Marche, Umbria). L’incentivo è destinato a chi ha un’età compresa tra i 18 e i 45 anni.

Cosa finanzia:

  • attività produttive nei settori industria, artigianato, trasformazione dei prodotti agricoli, pesca e acquacoltura
  • fornitura di servizi alle imprese e alle persone
  • turismo
  • attività libero professionali (sia in forma individuale che societaria)

Sono escluse le attività agricole e il commercio

Resto al Sud copre fino al 100% delle spese, con un finanziamento massimo di 50.000 euro per ogni richiedente, che può arrivare fino a 200.000 euro nel caso di società composte da quattro soci.

Per le sole imprese esercitate in forma individuale, con un solo soggetto proponente, il finanziamento massimo è stato elevato a 60.000 euro.

A supporto del fabbisogno di circolante, è previsto un ulteriore contributo a fondo perduto:

  • 15.000 euro per le ditte individuali e le attività professionali svolte in forma individuale
  • fino a un massimo di 40.000 euro per le società

Il contributo viene erogato al completamento del programma di spesa, contestualmente al saldo dei contributi concessi.

I fondi disponibili ammontano a 1 miliardo e 250 milioni di euro.

Non ci sono bandi, scadenze o graduatorie: le domande vengono valutate in base all’ordine cronologico di arrivo.

Spese ammissibili

Possono essere finanziate le seguenti spese:

  • ristrutturazione o manutenzione straordinaria di beni immobili (massimo 30% del programma di spesa)
  • macchinari, impianti e attrezzature nuovi
  • programmi informatici e servizi per le tecnologie, l’informazione e la telecomunicazione
  • spese di gestione (materie prime, materiali di consumo, utenze, canoni di locazione, canoni di leasing, garanzie assicurative) – massimo 20% del programma di spesa

*Non sono ammissibili le spese di progettazione e promozionali, le spese per le consulenze e per il personale dipendente.

Come funzionano le agevolazioni

Le agevolazioni coprono il 100% delle spese ammissibili e sono cosi composte:

  • 50% di contributo a fondo perduto
  • 50% di finanziamento bancario garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI. Gli interessi sono interamente a carico di Invitalia.

Questo nuovo mix di agevolazioni si applica alle domande presentate dopo il 19 luglio 2020.

N.B. A partire dal’11 aprile 2020, anche per le imprese Resto al Sud con sede in Abruzzo e nei comuni del cratere sismico della regione Marche, il finanziamento bancario potrà essere direttamente coperto dalla garanzia del Fondo per le PMI, senza che sia necessario l’intervento di un Confidi autorizzato e con un conseguente vantaggio per i beneficiari in termini di costi e tempo.

A chi è rivolto

Le agevolazioni sono rivolte agli under 46* che:

  • al momento della presentazione della domanda sono residenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia o nei 116 Comuni compresi nell’area del cratere sismico del Centro Italia (Lazio, Marche Umbria)
    oppure
    trasferiscono la residenza nelle suddette aree entro 60 giorni (120 se residenti all’estero) dall’esito positivo dell’istruttoria
  • non sono già titolari di altre attività d’impresa in esercizio alla data del 21/06/2017
  • non hanno ricevuto altre agevolazioni nazionali per l’autoimprenditorialità nell’ultimo triennio
  • non hanno un lavoro a tempo indeterminato e si impegnano a non averlo per tutta la durata del finanziamento

L’incentivo si rivolge a:

  • imprese costituite dopo il 21/06/2017
  • imprese costituende (la costituzione deve avvenire entro 60 giorni – o 120 giorni in caso di residenza all’estero – dall’esito positivo dell’istruttoria)

Fermo restando quanto sopra elencato, possono inoltre chiedere i finanziamenti:

  • i liberi professionisti ( in forma societaria o individuale ) che non risultano titolari di partita IVA nei 12 mesi antecedenti la presentazione della domanda per lo svolgimento di un’attività analoga a quella proposta (codice Ateco non identico fino alla terza cifra di classificazione delle attività economiche)

RICERCA, SVILUPPO E INNOVAZIONE

Il livello di investimenti in ricerca e sviluppo in Italia è ancora inferiore a quello degli altri Paesi dell’UE, come evidenziato dal Country report for Italy 2020 della Commissione europea.

È vigente e operativo dal luglio 2016 il Programma nazionale per la ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020, adottato con delibera del CIPE 1 maggio 2016, che si fonda sugli obiettivi europei di Horizon 2020.

Nel corso dell’attuale legislatura, con il D.L. n. 34/2019 (articolo 26, comma 6-bis), sono state precisate le modalità di ricognizione – da parte di Cassa depositi e prestiti – delle risorse non utilizzate del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) da destinare alle finalità di R&S perseguite dal Fondo per la crescita sostenibile. Sono state poi introdotte agevolazioni per progetti di R&S finalizzati alla riconversione dei processi produttivi nell’ambito dell’economia circolare (D.L. n. 34/2019, articolo 26) e, nell’ambito della riforma degli incentivi fiscali delle misure “Industria 4.0”, è stato introdotto il nuovo credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative (Legge di bilancio 2020, L. n. 160/2019).

Il decreto-legge n. 34/2020, adottato nel contesto dell’emergenza COVID-19, prevede vari interventi normativi in materia di R&S. Si segnala, in particolare, l’istituzione del “Fondo per il trasferimento tecnologico”, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020, finalizzato alla promozione di iniziative e investimenti utili alla valorizzazione e all’utilizzo dei risultati della ricerca presso le imprese operanti sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle start-up innovative e alle PMI innovative.

Ricerca e innovazione in Italia: alcuni dati.

Secondo i dati diffusi dalla Commissione UE nella Relazione per paese relativa all’Italia 2020 (COM (2020) 150 final del 26 febbraio 2020), per quanto riguarda la strategia Europa 2020 e, in particolare, rispetto all’obiettivo di R&S stabilito nel PNR (1,53 % del PIL), l’Italia ha compiuto progressi limitati negli ultimi anni e non è sulla buona strada per conseguire il suo obiettivo.

Nel 2018 l’intensità di R&S è stata pari all’1,39 % del PIL. La spesa pubblica per R&S è in calo dal 2013, e nel 2018 ha raggiunto lo 0,5 % del PIL, il secondo livello più basso tra i paesi dell’UE-15. Sebbene la spesa per R&S delle imprese sia in aumento negli ultimi anni (nel 2018 ha raggiunto lo 0,86 % del PIL), il livello rimane nettamente al di sotto della media dell’UE (1,41 %).

Di conseguenza, il numero di ricercatori ogni mille persone attive occupate dalle imprese è pari solo alla metà della media UE (2,3 % contro 4,3 % nel 2017). Dal 2017 gran parte della crescita della R&S è attribuibile all’attività di nuove imprese che investono in R&S, mentre è rimasta stabile la spesa delle imprese che presentavano già buoni risultati per quanto riguarda la R&S.

I dati preliminari per il 2019 indicano un aumento della spesa privata per R&S. la spesa in R&S è rimasta bassa e disomogenea tra le regioni italiane. Vi è ancora margine per razionalizzare ulteriormente e stabilizzare gli incentivi più efficaci.

Il Fondo Nazionale per l’Innovazione è stato istituito, ma non è ancora operativo. Rimangono modesti gli investimenti pubblici nelle regioni meridionali, il cui debole ecosistema non consente loro di beneficiare appieno delle misure nazionali.

Il previsto rafforzamento della clausola relativa al 34 % degli investimenti potrebbe contribuire a ridurre le disparità regionali.

Il Sud è in ritardo in termini di ricerca, sviluppo e innovazione.

La spesa più elevata per la ricerca e lo sviluppo in percentuale del PIL si registra nell’Italia settentrionale.

Le regioni che ottengono i migliori risultati (Piemonte, Emilia Romagna e la provincia autonoma di Trento) spendono in ricerca e sviluppo oltre il triplo rispetto alla regione con le prestazioni peggiori, la Calabria (0,52 % del PIL).

Tra le regioni italiane si registrano ampie differenze anche in termini di occupazione nei settori ad alta tecnologia. Nel 2017 oltre la metà dei datori di lavoro nei settori ad alta tecnologia era ubicata nel Nord Italia, il 28,4 % nel Centro e solo il 15,2 % al Sud.

Programma nazionale per la ricerca (PNR) 2015-2020 Il Programma nazionale della ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020 è stato adottato con delibera del CIPE 1 maggio 2016, ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 204/1998. Esso è pienamente operativo dal luglio 2016.

Il programma determina gli indirizzi e le priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca, definendo il quadro delle risorse finanziarie da attivare.

Il PNR è organizzato intorno a sei obiettivi strategici, ai fini del raggiungimento del target europeo al 2020 per il nostro Paese (spesa in R&S pari all’1,3% del PIL): – capitale umano, – internazionalizzazione, – infrastrutture di ricerca, – cooperazione pubblico-privato, – Mezzogiorno, – efficienza e qualità della spesa pubblica. Sulla base di tali obiettivi, il PNR individua dodici Aree di specializzazione delle competenze rilevanti del sistema nazionale di ricerca, intorno alle quali strutturare politiche e gli strumenti nazionali e regionali, in coerenza con la Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente (SNSI) presentata dall’Italia nell’ambito della programmazione dei Fondi Strutturali 2014-2020.

Si ricorda in questa sede, rinviando per un’analisi più approfondita al relativo tema dell’attività parlamentare, che il programma quadro per la ricerca Horizon 2020 (Regolamento (UE) n. 1291/2013) è della durata di sette anni (2014-2020), ed in esso sono integrati tutti i finanziamenti europei per la ricerca e l’innovazione.

Le 12 aree – sottoposte alle Regioni come base per la costruzione della loro strategia – sono:

1. Aerospazio

2. Agrifood

3. Cultural Heritage

4. Blue growth

5. Chimica verde

6. Design, creatività e Made in Italy

7. Energia

8. Fabbrica intelligente

9. Mobilità sostenibile

10. Salute

11. Smart, Secure and Inclusive Communities

12. Tecnologie per gli Ambienti di Vita.

Le 12 aree sono state poi organizzate in 4 gruppi di carattere omogeneo, cui sono ascritti strumenti di sostegno e sviluppo differenziati.

ECONOMIA TERRITORIALE

L’Arest analizza i sistemi complessi dell’economia territoriale in riferimento alla sostenibilità economica, sociale e ambientale regionale e delle aree interne, ai fini della qualità e del benessere sociale delle comunità e delle imprese residenti presenti e future.

Attraverso le seguenti tecniche di analisi: analisi strutturale e organizzativa del territorio, analisi di scenario, osservazione partecipante, EASW (European Awareness Scenario Building Workshop), search conferences, consensus-building conference, analisi multicriteri.

AREST si interessa di ricerche policy-oriented che contribuiscono alla definizione e l’implementazione delle politiche di innovazione territoriale, anche nell’ambito della Programmazione UE.

– Favoriamo la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo economico .

Miglioriamo la competitività delle aziende.

– Trasformiamo le idee in risultati economici.

– Valorizziamo i risultati della ricerca.

Le novità PEC del Decreto Semplificazioni

Il decreto Semplificazioni (D.L. 16 luglio 2020, n. 76) ha introdotto una serie di misure volte a recuperare quanto più possibile la produttività e il benessere sociale perduti a causa della pandemia da Covid-19 e della conseguente crisi economica che ha colpito il nostro Paese. Nello specifico, uno degli obiettivi del Governo è quello di semplificare i rapporti tra Amministrazione, imprese, professionisti e cittadini rafforzando, ad esempio, l’utilizzo della posta elettronica certificata o prevedendo sanzioni per la mancata comunicazione dell’indirizzo PEC nei casi previsti dalla legge. 
 
Con il Covid-19 si è abbattuta sul nostro Paese una crisi senza precedenti in termini economici e sociali, oltre che sanitari, che sta mettendo a dura prova la resistenza e la capacità di ripresa di tutti. Gli interventi del Governo, chiamato a circoscrivere l’impatto della pandemia, sono essenziali per riuscire e a recuperare quanto più possibile la produttività perduta e il benessere sociale. Tali interventi sono caratterizzati da una serie di provvedimenti di urgenza e di strumenti innovativi, adottati e messi in atto a sostegno di cittadini e imprese. 
In quest’ottica si collocano anche le attesissime misure di “semplificazione” contenute nel D.L. n. 76/2020, alle quali viene consegnata la speranza di un’effettiva accelerazione degli investimenti e di un consolidamento dell’economia nazionale. 
Nello specifico, il decreto Semplificazioni prevede alcune misure volte a semplificare i rapporti tra Amministrazione, imprese, professionisti e cittadini rafforzando, ad esempio, l’utilizzo della posta elettronica certificata come strumento principale di comunicazione per determinate procedure amministrative o prevedendo sanzioni per la mancata comunicazione del proprio domicilio elettronico. 

Domicilio digitale 

Le novità più interessanti sono state, appunto, introdotte dall’art. 37 del provvedimento, attraverso il quale vengono introdotte misure che si propongono di dare effettiva attuazione alle disposizioni contenute nel Codice dell’Amministrazione Digitale (art. 16, D.L. n. 185/2008 e art. 5, D.L. n. 179/2012), che impongono: 
– alle imprese costituite in forma societaria, la comunicazione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata al Registro delle imprese e 
– ai professionisti iscritti in albi ed elenchi, la comunicazione ai rispettivi ordini o collegi. 
Nel decreto viene, inoltre, rafforzato il concetto di domicilio digitale, che altro non è che un recapito digitale (legato a un indirizzo di Posta Elettronica Certificata) inserito nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente e reso disponibile alle Pubbliche Amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi per le comunicazioni con i Cittadini. 

Sanzioni alle imprese 

Al fine di rafforzare l’imperatività della norma, è prevista l’applicazione di una sanzione in misura raddoppiata rispetto a quanto indicato nell’art. 2630 c.c., alle imprese, diverse da quelle di nuova costituzione, che non hanno indicato il proprio domicilio digitale oltre all’assegnazione d’ufficio di un nuovo e diverso domicilio digitale. 

Diffida ad adempiere per i professionisti 

Per quanto riguarda i professionisti che non comunicano il proprio domicilio digitale all’albo o elenco di appartenenza, si introduce l’obbligo di diffida ad adempiere, entro 30 giorni, da parte dello stesso Collegio o Ordine di appartenenza. 
In caso di mancata ottemperanza alla diffida, il Collegio o Ordine di appartenenza commina la sanzione della sospensione dal relativo albo o elenco fino alla comunicazione dello stesso domicilio. 

Giro di vite per Collegi e Ordini 

Anche per i Collegi o Ordini è previsto un giro di vite: infatti, la reiterata inadempienza dell’obbligo di comunicare all’Indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti (art. 6-bis, D.Lgs. n. 82/2005) l’elenco dei domicili digitali e i relativi aggiornamenti, costituisce motivo di scioglimento e di commissariamento del collegio o dell’ordine inadempiente ad opera del Ministero vigilante sui medesimi. 

In caso di domicilio digitale inattivo 

Nella medesima direzione verso la garanzia di effettività della disposizione, si prevede che il Conservatore dell’ufficio del registro delle imprese, ove rilevi, anche a seguito di segnalazione, un domicilio digitale inattivo, chieda alla società di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro il termine di 30 giorni. Decorsi 30 giorni dalla richiesta, perdurando l’inattività e in assenza di opposizione da parte della stessa società, il Conservatore procede alla cancellazione dell’indirizzo dal registro delle imprese. 

Le altre novità in ambito PEC 

Il decreto Semplificazioni prevede anche: 

  • misure per favorire l’accesso ai servizi in rete della pubblica amministrazione da parte di cittadini e imprese: con l’art. 24 viene modificato l’art. 6-bis del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale) in modo che nell’Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese, siano indicati non solo gli indirizzi PEC dei professionisti iscritti in albi o elenchi tenuti da ordini o collegi professionali, ma anche i domicili digitali dei professionisti iscritti in registri o elenchi detenuti dalle pubbliche amministrazioni e istituti con legge dello Stato; 
  • semplificazione della notificazione e comunicazione telematica degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale: con l’art.  28 vengono introdotte misure di semplificazione per la notifica telematica degli atti giudiziari alle pubbliche amministrazioni al fine di superare le problematiche derivanti dalla mancata comunicazione da parte di numerose amministrazioni del proprio indirizzo di posta elettronica certificata. L’assenza di un indirizzo PEC presso cui notificare atti giudiziari nei confronti della pubblica amministrazione comporta, infatti, un rallentamento del processo di digitalizzazione della giustizia. 

Con l’intervento normativo proposto, pertanto, si intende potenziare tale processo incentivando l’utilizzo degli strumenti di notificazione telematica. Nello specifico, si consente alle amministrazioni di comunicare una pluralità di indirizzi di posta elettronica certificata corrispondenti ai propri organi o articolazioni anche territoriali a cui inviare comunicazioni o notificazioni telematiche; 
- semplificazione delle procedure di cancellazione dal registro delle imprese e dall’albo degli enti cooperativi: con l’art. 40 vengono introdotte misure volte ad accelerare e semplificare la procedura di purgazione dei beni oggetto di liquidazione nelle procedure di liquidazione coatta amministrativa, prevedendo esclusivamente la trasmissione telematica del decreto di cancellazione via PEC ed eliminando così la obsoleta prassi corrispondente alla presentazione dell’atto amministrativo in formato cartaceo.