Autore: Dott. Giacomo Iannella

Obbligo PEC – Posta Elettronica Certificata

NOVITÀ INTRODOTTE DAL DECRETO LEGGE n. 76 del 16 luglio 2020 (c.d. decreto semplificazioni)

L’art. 37 ha introdotto una serie di misure volte a semplificare i rapporti tra Amministrazione, imprese, professionisti e cittadini rafforzando l’utilizzo della posta elettronica certificata o prevedendo sanzioni per la mancata comunicazione dell’indirizzo PEC nei casi previsti dalla legge.
L’utilizzo della posta elettronica certificata diviene strumento principale per comunicare determinate procedure amministrative.

In particolare, vengono introdotte misure che si propongono di dare effettiva attuazione alle disposizioni contenute nel Codice dell’Amministrazione Digitale (art. 16, D.L. n. 185/2008 e art. 5, D.L. n. 179/2012), che impongono la comunicazione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata:

  • alle imprese costituite in forma societaria, al Registro delle imprese;
  • ai professionisti iscritti in albi ed elenchi, la comunicazione ai rispettivi ordini o collegi.

Vengono inoltre previste sanzioni per la mancata comunicazione del proprio domicilio elettronico.

Di seguito le principali modifiche introdotte:

RAFFORZAMENTO DEL CONCETTO DI DOMICILIO DIGITALE
Nel decreto viene rafforzato il concetto di domicilio digitale, che consiste in un recapito digitale (legato a un indirizzo di Posta Elettronica Certificata) per la comunicazione tra cittadini e PA.

SANZIONI PER LE IMPRESE
È prevista l’applicazione di una sanzione in misura raddoppiata rispetto a quanto indicato nell’art. 2630 c.c., alle imprese, diverse da quelle neocostituite, che non abbiano indicato il proprio domicilio digitale; per le stesse, viene inoltre indicato un nuovo domicilio digitale d’ufficio.

DOMICILIO DIGITALE INATTIVO
In caso di domicilio digitale inattivo, il Conservatore del registro, chiede alla società di provvedere all’indicazione di un nuovo domicilio digitale entro il termine di 30 giorni decorsi i quali, il Conservatore procede alla cancellazione dell’indirizzo dal registro delle imprese.

OBBLIGHI PER I PROFESSIONISTI
I professionisti devono comunicare il proprio domicilio digitale al collegio  o ordine di appartenenza, pena diffida ad adempiere entro 30 giorni, decorsi i quali il collegio o ordine sospende il professionista fino alla comunicazione del domicilio.

OBBLIGHI PER COLLEGI ED ORDINI
Pena scioglimento o commissariamento, Collegi ed Ordini, devono comunicare all’Indice nazionale gli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti (art. 6-bis, D.Lgs. n. 82/2005).

ALTRE NOVITÀ IN AMBITO PEC
Il decreto Semplificazioni prevede anche:

  • l’art. 24 modifica l’art. 6-bis del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale), prevedendo che nell’Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese, siano indicati non solo gli indirizzi PEC dei professionisti iscritti in albi o elenchi tenuti da ordini o collegi professionali, ma anche i domicili digitali dei professionisti iscritti in registri o elenchi detenuti dalle pubbliche amministrazioni e istituti con legge dello Stato;
  • semplificazione della notificazione e comunicazione telematica degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale: l’art. 28 introduce misure di semplificazione per la notifica telematica degli atti giudiziari alle pubbliche amministrazioni. Nello specifico, alle amministrazioni viene concesso di comunicare una pluralità di indirizzi di posta elettronica certificata, intestati a propri uffici territoriali, cui possono essere inviate comunicazioni o notificazioni telematiche;
  • semplificazione delle procedure di cancellazione dal registro delle imprese e dall’albo degli enti cooperativi: l’art. 40, prevede esclusivamente la trasmissione telematica del decreto di cancellazione via PEC.

SVILUPPO LOCALE E CAPITALE TERRITORIALE

Il territorio può essere definito come uno spazio modellato dalla sedimentazione di relazioni sociali e politiche, di attività economiche e amministrative, manifestatesi, nello spazio in questione, nel corso del tempo.

In sintesi, il territorio risulta essere il prodotto dell’azione degli attori che si manifesta nello spazio.

Secondo Dansero e Governa il concetto di territorio comprende un fattore storico che indica la stratificazione dei sedimenti cognitivi e materiali del passato e uno relazionale che scaturisce dalle interazioni, dal ruolo e dalle strategie degli attori volte a valorizzare le potenzialità sedimentate nel territorio stesso (Dansero, Governa, 2003). Similmente, Crevosier concepisce il territorio come uno spazio strutturato da un assetto di relazioni tra diversi attori che interagiscono tra loro e con l’ambiente materiale; da questa interazione tra agenti e ambiente si attivano risorse materiali e immateriali per lo sviluppo del territorio (Crevosier, 2004)

Nella più recente letteratura specialistica, inoltre, il territorio non è soltanto “una stratificazione di oggetti e significati storicamente a essi attribuiti, ma è sempre anche uno spazio su cui si esercita un potere di trasformazione e di governo, un progetto implicito o esplicito” (Dansero et al., 2008).

Nelle definizioni di territorio sopra menzionate si intravedono due dimensioni rilevanti che possiamo sintetizzare nei termini di dimensione patrimoniale, relativa allo stock di capitali presente nello spazio, e dimensione relazionale, legata ai processi sociali e alla sedimentazione delle capacità di relazione fra gli attori.

Ad avvalorare la rilevanza di queste due dimensioni, intrinsecamente contenute nel concetto stesso di territorio, contribuiscono sia alcuni approcci di geografia economica (Yeung, 2005), sia, in generale, le teorie sullo sviluppo locale e regionale e, più nello specifico, il modello dei Sistemi Locali Territoriali (SLoT) elaborato dalla scuola territorialista (Dematteis, Governa, 2009).

Pur non esistendo una versione universalmente condivisa di sviluppo locale, in quasi tutti gli approcci a esso relativi emergono come cruciali la dimensione patrimoniale e quella relazionale.

Lo sviluppo locale assume però in letteratura un’accezione controversa, che, in alcune interpretazioni, specie con riferimento a quelle offerte dalle organizzazioni internazionali, crea uno sdoppiamento fra le due dimensioni, marginalizzando spesso la dimensione relazionale (a favore, ad esempio, dello sviluppo economico locale).

Secondo la visione territorialista di Dematteis, la presenza dell’una o dell’altra dimensione, da sola, produce semplice valorizzazione o procedura.

Si produce una valorizzazione del locale, che, portata agli estremi, può diventare depredazione, in presenza di processi di sviluppo basati solo sullo sfruttamento delle risorse locali; un’esclusiva attenzione alla dimensione relazionale, d’altro canto, provoca uno svuotamento dello sviluppo locale, che diventa mera procedura.

Lo sviluppo locale, inteso in una più ampia accezione, comprende invece entrambe le dimensioni, relazionale e patrimoniale. E ci riferiamo allo sviluppo territoriale piuttosto che allo sviluppo locale, proprio per sottolineare la centralità del territorio, tipica della prima nozione.

Un’integrazione delle due dimensioni è proposta nel modello SLoT, un modello fondato appunto su due elementi di base: da un lato, la rete locale dei soggetti, intesa come l’insieme delle relazioni e delle interazioni tra soggetti, presenti o attivabili, in un territorio locale e, dall’altro lato, il milieu locale, che comprende il cosiddetto “capitale territoriale”, inteso come l’insieme delle risorse materiali e immateriali che si sono sedimentate localmente.

AREST PER LO SVILUPPO LOCALE DELLE FILIERE PRODUTTIVE AGRO AMBIENTALI

L’associazione si pone lo scopo di incentivare, raccogliere, stimolare e portare a compimento progetti condivisi per generare innovazione utile allo sviluppo del territorio.

Nello sviluppo delle proprie attività l’associazione manterrà una forte propensione all’etica, e una particolare attenzione alla sostenibilità economica, ambientale e sociale delle proprie iniziative, ponendo al centro della propria attenzione i bisogni delle persone, delle comunità, degli enti e delle attività produttive coinvolte.

Un elemento caratterizzante sarà rappresentato dalla tutela e alla valorizzazione della biodiversità agroalimentare locale, con una focalizzazione sulle aree interne e i territori marginali, presenti in tutte le regioni italiane.

L’intenzione è quella di favorire la ricostruzione di filiere produttive, paesaggi, insediamenti umani e sostenere progetti di recupero di terreni, di strutture produttive e di saperi artigianali.

L’insieme di queste azioni sarà finalizzato a ricreare economie locali sane e nuove attrazioni turistiche che, insieme, possano contribuire a un rilancio occupazionale anche rivolto alle giovani generazioni.

Strategia di intervento:

La strategia di intervento per l’innovazione prevede una profonda revisione dei modelli di produzione, distribuzione e consumo del cibo. Per questo motivo si ipotizza una strategia di intervento strutturata e fondata sui seguenti elementi cardine:

• analisi dei modelli esistenti lungo l’intera filiera: da una verifica della biodiversità presente a una valutazione dell’impatto ambientale delle produzioni in loco, dalla valutazione dell’impatto delle tecnologie sulle comunità locale a quello dei trasporti e così via;

• valutazione delle criticità: individuazione dei punti di rigidità normative e organizzative che impediscono il rinnovamento;

• implementazione di progettualità innovative e di iniziative formative coerenti che, tenendo conto dell’esistente e sorpassando le criticità, possano essere il motore della rinascita. A titolo di esempio, si potrà lavorare su comunicazione digitale, e-commerce.

Le ricadute positive attese della strategia per l’innovazione riguarderanno la tutela della biodiversità, la salute e fertilità dei suoli la salvaguardia del paesaggio, l’apertura di nuove realtà produttive, la nuova occupazione giovanile, la comunità locale e le interazioni con i flussi turistici.

L’ambizione è quella di arrivare alla costruzione-ricostruzione di borghi produttivi caratterizzati da una forte rete di attività agricole e artigianali di qualità e di una conseguente rete distributiva di piccola scala che consenta il rilancio vero di economie locali integrate e, quindi, aperte ad una valorizzazione turistica coerente di quei territori.

Da dove partire per generare «benessere»?

• Lo sviluppo riparte dai territori.

• Lo sviluppo riparte dalle reti, dal Noi, dalle persone (le reti le fanno le persone).

• Lo sviluppo riparte dalle comunità di senso, dai cantieri di valore, dalle accademie delle nuove competenze contestuali.

Una scelta di campo: Politiche integrate per uno sviluppo sostenibile e responsabile.

Servizi alla persona come fattore di sviluppo regionale.
– Le politiche sociali costituiscono un fondamentale aspetto delle politiche integrate per lo sviluppo del territorio.
– Beni relazionali: capitale sociale territorialeLa regione ha una buona tradizione di politiche sociali integrate?

Le domande da cui partiamo è:
Quali sono i cambiamenti organizzativi e culturali che potrebbero rimettere davvero le politiche del welfare locale al centro delle politiche di sviluppo regionale?

Il «ben-essere» non può essere generato (solo) dallo Stato, perché è un «bene relazionale».
• Politiche sociali come componente essenziale delle politiche di sviluppo territoriale.
• Come rendere attrattivo un territorio? (Politiche integrate per lo sviluppo locale).
• Contestualizzare le politiche di sviluppo, adeguandole alle dotazioni culturali e istituzionali, → reinventare la tradizione e il senso di appartenenza alla comunità (welfare di comunità?).

LE AGENZIE DI SVILUPPO LOCALE COME STRUMENTO DEL MARKETING TERRITORIALE: MODELLI ED ESPERIENZE NAZIONALI ED INTERNAZIONALI A CONFRONTO

Nel corso degli ultimi decenni, la crescente globalizzazione ha profondamente trasformato il concetto di territorio e ne ha condizionato l’evoluzione sia nella sua dimensione politico-istituzionale sia, e soprattutto, negli aspetti economici e produttivi. Nel nuovo scenario globale si riducono le distanze tra aree geografiche e, parallelamente, aumenta la mobilità degli individui, delle organizzazioni, delle risorse materiali e immateriali. Le imprese si spostano con grande facilità per produrre beni e servizi. Allo stesso tempo, gli individui si spostano per soddisfare bisogni sempre più complessi. In tale contesto, le grandi città, le regioni, i distretti industriali hanno iniziato a proporsi come spazi economici e sociali in grado di attrarre organizzazioni, individui, attività economiche e risorse In questo modo, si è diffuso nei sistemi economici moderni, il concetto di area territoriale quale spazio economico e sociale d’attrazione, con un proprio complesso insieme d’offerta costituito da infrastrutture, servizi e risorse. Conseguentemente regioni, città e distretti industriali, hanno compreso l’importanza di fronteggiare tali processi di crescente competizione globale ed hanno cominciato a servirsi di nuovi principi e metodi di gestione per costruire, difendere o potenziare l’attrattività. Molte entità territoriali hanno gradualmente adottato logiche, tecniche e strumenti di gestione strategica d’impresa, facendo ricorso ai principi di marketing per accrescere la competitività del territorio. La nascita del marketing territoriale e la diffusione, a livello locale, di metodi di gestione strategica più direttamente funzionali al rafforzamento della posizione competitiva deve essere inserita in questo contesto. Il successo del marketing territoriale è stato la conseguenza e per certi versi anche una delle cause di un altro fenomeno rilevante negli ultimi decenni: la rapida diffusione di agenzie specializzate nel marketing del territorio, meglio conosciute come Agenzie di sviluppo locale.Nella delimitazione di un territorio oggetto di marketing territoriale, occorra superare i confini amministrativi e geografici e passare a un’individuazione delle reti di valore che su di esso si vengono a creare. Si vuole deve evidenziare la debolezza del sistema-Paese italiano nell’applicazione di logiche di marketing territoriale. Sarebbe utile evidenziare la prassi operativa di un’agenzia e il ruolo che un’agenzia può avere nella crescita di un territorio, con particolare riferimento al turismo come leva per lo sviluppo. Si cerca così di focalizzare l‟attenzione su ciò che avviene effettivamente in pratica, per evidenziare quelle che sono state le differenze e divergenze nel passaggio dall’aspetto teorico a quello operativo. Inoltre, data l’importanza delle reti di relazioni che un’Agenzia riesce a creare sul territorio in cui opera, nonché della capacità di ascoltare le richieste dei vari attori territoriali.

SOVRAINDEBITAMENTO: COS’È

Introdotto nel sistema giuridico italiano dalla legge 3/2012, “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento” il concetto di “sovraindebitamento” è legato alla difficoltà a pagare i debiti, quanto il soggetto debitore è un soggetto non fallibile, ovvero un consumatore, una piccola impresa, ecc.

In parole povere il sovraindebitamento è la difficile situazione di coloro, consumatori o piccole imprese, che non riescono a pagare i propri debiti a causa di uno squilibrio tra le disponibilità economiche ed i debiti da pagare.

Viene quindi considerato “sovraindebitato” colui che per motivazioni di qualsiasi natura non riesce a far fronte ai debiti e non dispone di “patrimonio prontamente liquidabile” per onorare il debito scaduto. E’ sovraindebitato anche il soggetto che non sarà in grado di pagare in breve termine, anche se ancora non insolvente. Ad esempio, un dipendente che avesse sempre pagato la rata del mutuo, se licenziato, potrà accedere alle procedure di sovraindebitamento se non ha risorse per pagare le rate future.

Con la normativa sul sovraindebitamento, nasce in Italia una gestione del debitore insolvente sul modello in vigore nella maggior parte dei Paesi europei. In particolare, nel Regno Unito da anni si parla di diritto al “Fresh start” ovvero alla possibilità per chi ha contratto debiti non più pagabili, di avere diritto ad un “nuovo inizio”. Non rimanere quindi inseguito a vita da banche e finanziarie, ma poter pagare il giusto per liberarsi dal debito e tornare una persona serena e pienamente inserita nella vita economica della propria comunità.

In sintesi, la finalità principale della legge sul sovraindebitamento è quella di permettere legalmente al debitore di pagare quanto gli è possibile e di vedersi cancellato il debito che è accertato non può essere pagato. In questo caso di parla quindi di “esdebitazione” ovvero di cancellazione del debito non onorato.

Questa opportunità non va intesa come una sanatoria del debito. È offerta la possibilità a chi ha troppi debiti di pagare quanto gli è possibile, in relazione alla propria situazione di reddito, patrimonio e carico familiare. L’approccio è quindi di equilibrio tra i diritti del debitore ad una vita dignitosa e quella dei creditori di ottenere almeno una parte di quanto dovuto dal soggetto sovraindebitato.

Sovraindebitamento: chi può accedere alle procedure e quali sono

Per procedure di sovraindebitamento si intendono le procedure previste dalla normativa per la soluzione della crisi del sovraindebitamento.

Per prima cosa serve sapere che queste procedure sono riservate ai soggetti non fallibili, ovvero a queste categorie di debitori:

  • Consumatori, ovvero persone fisiche senza partiva IVA (dipendenti pensionati e inoccupati, ecc)
  • Piccole imprese non fallibili, ovvero con un fatturato inferiore a 200.000 euro annui, patrimonio inferiore a 300.000 euro e debiti inferiori a 500.000 euro
  • Aziende agricole di tutte le dimensioni
  • Professionisti iscritti ad albi e ruoli
  • Start up innovative
  • Enti no profit (onlus, associazioni, ecc)

I principali presupposti per l’accesso alle procedure di sovraindebitamento prevedono che il debitore sia in stato di sovraindebitamento, che sia un soggetto non fallibile, che non abbia posto in essere atti di frode verso i creditori (ovvero non abbia volutamente sottratto beni o denaro, occultandolo ai creditori).

La norma prevede tre distinte procedure di sovraindebitamento molto diverse tra loro, a cui con l’avvento del codice della crisi si è aggiunta una quarta possibilità del tutto nuova, sotto forma di semplice domanda. Tutte sono finalizzate all’esdebitazione del debitore che ha contratto troppi debiti rispetto alle proprie possibilità attuali:

  • Procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, anche conosciuta come “Piano del Consumatore”: che può essere utilizzata solo dalle persone fisiche e non gli altri soggetti (aziende, ecc). Viene proposto ai creditori un piano di pagamenti sostenibile rispetto ai redditi del debitore. Il piano viene approvato dal Giudice, e sostituisce ogni altra pattuizione.
  • Accordo di composizione della crisi: è sempre un piano di pagamenti, ma riservato alle imprese e professionisti. Semplificando, si propone ai creditori un piano sostenibile che diventerà effettivo se votato dagli stessi creditori per almeno il 60%. In questo caso è permessa la continuità dell’impresa, e possibile la salvaguardia dei beni. Liquidazione controllata del sovraindebitato, o liquidazione del patrimonio: nelle situazioni più difficili è possibile chiedere al Tribunale che i debiti vengano pagati con la Liquidazione del proprio patrimonio. Qual è il vantaggio? Anche se la vendita dei beni non copre tutti i debiti, il residuo debito non pagato viene cancellato.
  • Esdebitazione del debitore incapiente. Nel caso particolare di un debitore senza patrimonio e senza redditi stabili, è possibile accedere, in questo caso una volta sola nella vita, comunque alla cancellazione di tutti i debiti senza versare nulla. In questo specifico caso sarà però necessario dimostrare di essere stati “meritevoli” ovvero che non si è creata volontariamente questa situazione e che si è sempre cercato di sadare i debiti senza “scappatoie”. Tale procedura, prevista dal nuovo codice della crisi, sarà proponibile a partire dal settembre del 2021.

È possibile accedere alla legge in ogni fase della “crisi del debito”. Si potrà chiedere un accordo con i debitori sia quando iniziano i primi problemi di pagamento (di solito la cosa più vantaggiosa) che nel caso in cui ormai i creditori abbiano aggredito il proprio patrimonio, o quello dell’azienda, con pignoramenti, aste immobiliari o trattenute sullo stipendio.

Un aiuto per risolvere i propri debiti: come funziona la Legge sul sovraindebitamento?

Procedura di sovraindebitamento

La procedura prevista per la proposta di accordo e per il piano del consumatore prevedono che:

  • il soggetto legittimato al deposito è solo il debitore non fallibile e il consumatore,
  • la competenza spetti al tribunale in cui il debitore ha la residenza o la sede, in caso di impresa.

L’art. 9, al comma 2 contiene l’elenco dei documenti che devono essere allegati alla proposta di accordo e al piano del consumatore. Entro tre giorni dal deposito della proposta l’OCC competente deve trasmetterlo all’agente di riscossione e agli uffici fiscali. Su richiesta il giudice può concedere 15 giorni, al massimo, per integrare la proposta o presentare altri documenti. Ai sensi dell’art. 11 sono ammesse modifiche alla proposta o al piano fino alla data prevista per il consenso o il dissenso dei debitori.

Ai sensi dell’art 10 della legge 3/2012, depositata la proposta o il piano il giudice deve valutarne l’ammissibilità, ai sensi degli artt. 7, 8 e 9 e con decreto fissare un’udienza che deve tenersi entro i successivi 60 giorni. Il decreto deve essere comunicato ai creditori almeno 30 giorni prima del termine previsto affinché possano esprimere il loro consenso o dissenso. Il decreto deve altresì stabilire le forme di pubblicità della proposta o del piano, la sua eventuale trascrizione in situazioni particolari e disporre il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive, richiedere sequestri e acquisire diritti di prelazione.

Dalla pubblicazione del decreto tutti gli atti di straordinaria amministrazione non autorizzati dal giudice sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori.

Nel momento in cui il giudice viene a conoscenza dai creditori che il debitore ha compiuto atti al fine di frodarli, all’udienza revoca il decreto di ammissione alla procedura, dispone la cancellazione della trascrizione e fa cessare ogni forma di pubblicità.

Esecuzione dell’accordo

Almeno 10 giorni prima dell’udienza i creditori devono esprimere il consenso o il dissenso all’accordo. La proposta è approvata se il consenso (silenzio assenso) è espresso dai creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti. I creditori privilegiati o garantiti da pegno o ipoteca possono esprimere il loro consenso solo in presenza di determinate condizioni, il coniuge, i parenti e gli affini fino al quarto grado e i cessionari dei crediti da meno di un anno prima della proposta non possono pronunciarsi sulla proposta.

Se l’accordo è raggiunto l’organismo di composizione redige una relazione sui consensi espressi e la invia ai creditori che hanno dieci giorni per contestarla. Decorso questo termine l’OCC invia la relazione al Giudice, le eventuali contestazioni, il testo dell’accordo e l’attestazione di fattibilità.

Una volta risolte le contestazioni il Giudice provvede ad omologare l’accordo e dispone in merito alla sua pubblicità, anche se l’accordo non è ritenuto conveniente da particolari creditori ma a suo giudizio il creditore dissenziente sarà soddisfatto dall’accordo nella stessa misura in cui lo sarebbe in caso di liquidazione del patrimonio (cram down).

Tra la proposta e l’omologazione non devono intercorrere più di sei mesi. Il reclamo contro il provvedimento che dispone l’omologazione è ammesso innanzi al Tribunale, che decide in camera di consiglio, senza il giudice che ha omologato la proposta.

L’accordo omologato è obbligatorio nei confronti di tutti i creditori anteriori alla data della pubblicità del deposito della proposta. I creditori successivi non possono agire esecutivamente su beni oggetto della proposta.

L’adempimento dell’accordo è eseguito sotto la vigilanza dell’OCC che ne verifica la correttezza. Il giudice ha la possibilità di nominare un liquidatore, se previsto dal piano o se vi sono beni pignorati e quando autorizza lo svincolo delle somme, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli. Il co. 4 art. 13 contiene la regola e l’eccezione della preducibilità dei crediti sorti nel corso dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Revoca e risoluzione dell’accordo

L’accordo viene revocato d’ufficio dal Giudice se:

  • il debitore non paga le amministrazioni e gli enti previdenziali entro 90 giorni dalla scadenze previste;
  • emerge che durante la procedura il debitore ha compiuto atti in frode ai creditori.

La revoca del piano del consumatore può essere richiesta anche dal creditore quando:

  • il passivo del debitore è stato aumentato o diminuito con dolo o colpa grave;
  • una parte dell’attivo è stata sottratta o dissimulata;
  • sono state simulate con dolo attività del tutto inesistenti.

Il ricorso può essere presentato entro 6 mesi dalla data della scoperta e comunque entro un anno dalla scadenza stabilita per l’ultimo adempimento.

L’accordo cessa di avere effetti anche quando:

  • viene risolto o il debitore non paga i crediti impignorabili e i debiti fiscali;
  • se in seguito viene dichiarato il fallimento. L’accordo si risolve e i pagamenti, gli atti e le garanzie eseguite in forza di esso non possono essere sottoposte a revocatoria fallimentare.

I creditori possono chiedere la risoluzione dell’accordo, ai sensi dell’art 14 della legge 3/2012 se:

  • il debitore non rispetta l’accordo;
  • le garanzie promesse non vengono poste in essere;
  • l’accordo non può essere eseguito per cause non riconducibili al debitore.

La risoluzione può essere proposta entro 6 mesi dalla scoperta o entro un anno dalla data dell’ultimo adempimento.

Riforma fallimento 2020: le novità sul sovraindebitamento

Il decreto legislativo n.14/2019, di riforma del codice fallimentare, si occupa anche di sovraindebitamento, al quale dedica gli articoli 65 e 66.

Tra le novità, si segnala la possibilità, per i membri della stessa famiglia, di presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento, quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’origine comune. Tuttavia, le masse attive e passive rimangono distinte.

Se, invece, sono presentate più richieste, il giudice competente (che è quello adito per primo) adotta i provvedimenti necessari per assicurarne il coordinamento.

L’entrata in vigore della riforma era prevista per il 14 agosto 2020.

Nel nuovo Decreto Semplificazioni varato dal Governo per rilanciare la ripresa economica, durante la fase di conversione in legge era stato inserito un emendamento per potenziare gli istituti a favore dei debitori, anticipando l’introduzione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che sarebbe dovuto entrare in vigore il prossimo 15 agosto 2020 ma poi, a causa della pandemia, è slittata al 1° settembre 2021.

Sicurezza sul lavoro: le cose da sapere

Cosa si intende per sicurezza sul lavoro?

Per sicurezza sul lavoro si intende l’insieme delle azioni interne ed esterne all’azienda, mirate a garantire l’incolumità (sicurezza, appunto) dei lavoratori e del personale presente.

Quindi cos’è la sicurezza sul lavoro?

Tra le attività appena accennate, la più importante è forse la prevenzione, perché rappresenta una delle colonne portanti della sicurezza e vi rientra con merito essendo un paletto fondamentale per diminuire drasticamente il rischio sul lavoro.

Perchè è importante la sicurezza del lavoro?

La sicurezza sui luoghi di lavoro è importante sotto molteplici aspetti, ma il più rilevante riguarda la salute dei dipendenti.

Recenti indagini di settore hanno evidenziato quanto, una corretta politica orientata alla sicurezza dei lavoratori, porti un sicuro ritorno positivo in azienda, non solo per ciò che concerne i rapporti umani, ma anche in termini di redditività.

Benessere psico-fisico, tranquillità ambientale, positività diffusa e produttività aumentata sono solo alcuni dei benefit che possono svilupparsi nell’ambiente lavorativo grazie ad un mirato investimento su prevenzione e sicurezza luoghi di lavoro.

Quale normativa regola la sicurezza sui luoghi di lavoro?

La normativa che guida aziende, responsabili e consulenti nel mondo della prevenzione e sicurezza sul lavoro è il noto dlgs 81/2008, spesso conosciuto come “testo unico sicurezza sul lavoro”.

Emanato nell’Aprile del 2008, questo decreto ministeriale integrava e migliorava le precedenti norme sicurezza sul lavoro (ricordiamo, fra tutte, la famosa legge 626).

Superando i predecessori, il dlgs 81 2008 si distingue per una gradita semplificazione ed una perfezionata razionalizzazione degli argomenti, aggiornando alcuni aspetti troppo generici tra cui le sempre temute relative sanzioni.

Tra le maggiori innovazioni trattate, ricordiamo:

  • l’individuazione dei fattori e delle sorgenti di rischio
  • la riduzione del rischio
  • il monitoraggio continuo delle misure preventive
  • l’elaborazione di una strategia aziendale accettata e condivisa

Quando è obbligatoria la sicurezza in azienda?

Ogni azienda che abbia almeno un dipendente nel proprio organico deve necessariamente prevedere una politica di informazione ed informazione sulla sicurezza aziendale e provvedere alla sua corretta realizzazione.

La sicurezza e la prevenzione sono concetti legati all’uomo ed alla sua salvaguardia, pertanto il numero dei dipendenti non può essere motivo di discriminazione normativa.

L’indice di rischio legato alla tipologia di azienda, nonché la specificità della mansione lavorativa, determinano il percorso da scegliere e le relative misure preventive.

Qual è la prima cosa che il Datore di lavoro deve fare per mettersi in regola con la  sicurezza sul lavoro?

La prima e fondamentale azione prevista dal protocollo per la sicurezza nei luoghi di lavoro è la stesura del DVR o Documento di valutazione dei rischi, cioè di un testo che evidenzi tutti i possibili rischi presenti in azienda.

Basandosi sulle tipologie di rischio presenti sul luogo di lavoro, il DVR sicurezza deve contenere tutte le procedure necessarie per attuare soddisfacenti misure di prevenzione e sicurezza, ma anche la specifica dei ruoli di chi deve realizzarle, monitorarle e mantenerle.

Da qui, diventano necessarie altre azioni direttamente collegate al documento, ovvero:

  • la nomina del Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione (R S P P)
  • la nomina del Rappresentante Lavoratori Sicurezza (RLS)
  • la nomina del Medico Competente
  • la programmazione della Sorveglianza Sanitaria
  • la formazione dei lavoratori, dei dirigenti e del datore di lavoro attraverso gli appositi corsi in materia ed i loro eventuali aggiornamenti
  • piano di sicurezza aziendale

Chi deve garantire la sicurezza sul lavoro in azienda?

In sostanza chi è il responsabile della sicurezza dei lavoratori in azienda.

Il datore di lavoro è, in quanto tale, la figura giuridica garante e responsabile di salute e sicurezza sul lavoro nella propria azienda.

Egli deve ottemperare a quanto stabilito dalla normativa vigente per garantire la corretta applicazione delle misure preventive ed operative atte alla riduzione o alla cancellazione di qualsiasi rischio per il lavoratore.

Tra i compiti principali in tal senso ricordiamo:

  • il dovere di offrire un ambiente lavorativo sicuro
  • il dovere di informare e formare i lavoratori sui rischi presenti in loco
  • il compito di vigilare e verificare il rispetto delle norme antinfortunistiche (norme UNI) da parte dei dipendenti
  • la stesura del DVR

Occasionalmente il datore di lavoro decide di ricoprire la carica di Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP).

In questo caso egli potrà ricoprire il ruolo solo ed unicamente dopo aver egli stesso frequentato l’apposito corso di RSPP datore di lavoro.

Chi controlla la sicurezza sul lavoro?

Il responsabile della sicurezza sul luogo di lavoro è chiamato Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP).

Abbiamo visto come tale ruolo possa essere ricoperto dal datore di lavoro, ma anche da un dipendente, solo dopo adeguata formazione.

Eppure, sempre più spesso tale compito viene affidato dal titolare ad un consulente esterno (RSPP esterno) che possa sgravarlo da una certa mole di lavoro e da una grossa dose di responsabilità.

L’RSPP deve principalmente occuparsi dei seguenti compiti:

  • eseguire il sopralluogo degli ambienti lavorativi con conseguente verifica delle condizioni di pericolo
  • collaborare col datore di lavoro nella elaborazione di dati necessari alla descrizione aziendale ed alla corretta valutazione dei rischi conseguenti
  • presentare piani formativi ed informativi per il personale in materia di prevenzione e sicurezza
  • monitorare lo status aziendale e programmare interventi di mantenimento e miglioramento per la sicurezza dei lavoratori

Chi contribuisce alla corretta gestione della sicurezza sul lavoro?

Oltre alle figure sopra citate del datore di lavoro e del RSPP, gli attori coinvolti nel discorso sicurezza nel lavoro sono anche il Rappresentante Lavoratori Sicurezza (RLS) ed il Medico Competente (o medico del lavoro).

L‘RLS è il lavoratore (anche più di uno a seconda del numero totale di lavoratori) appositamente formato ed eletto dai colleghi in qualità di loro rappresentante per quanto concerne la sicurezza e la prevenzione.

Egli si occupa di effettuare una consultazione preventiva in ordine alla valutazione dei rischi, fornire un parere sulla scelta degli addetti alla prevenzione, provvedere alla raccolta dei documenti aziendali relativi alle misure di sicurezza, promuovere misure di prevenzione e fare ricorso alle autorità competenti nel caso in cui non vengano rispettati i criteri di sicurezza stabiliti.

Il Medico Competente è la figura professionale che si occupa della Sorveglianza Sanitaria dei lavoratori attraverso un Protocollo Sanitario pensato ad hoc in funzione dei rischi e delle mansioni.

Egli, attraverso le visite periodiche necessarie, stabilisce lo stato di salute del lavoratore relativamente alla sua mansione e ne decide o meno l’idoneità alla stessa.

Questa figura è molto importante in quanto con l’attuale frenesia lavorativa ed i nuovi condizionamenti contingenti, il rischio stress lavoro correlato è una delle nuove barriere da superare nella battaglia al benessere psico-fisico del lavoratore.

L’Identità Digitale semplice, sicura, veloce

SPID è l’acronimo di Sistema Pubblico d’Identità Digitale e rappresenta lo strumento per semplificare l’uso dei servizi online per cittadino e imprese.

SPID è un sistema di Identificazione Digitale che, con un unico account, consente di accedere in modo sicuro, semplice e veloce a tutti i servizi online di pubbliche amministrazioni e (in futuro) aziende private che sono parte del sistema SPID.

Il circuito SPID accorpa diversi soggetti:

  • L’utente, che può essere un cittadino o un’impresa: è il titolare dell’identità digitale, che deve essere richiesta a un gestore dell’identità.
  • Il gestore dell’identità digitale: è il soggetto accreditato dall’Agenzia per l’Italia Digitale a cui è affidato il ruolo di creare e gestire le identità digitali, in maniera del tutto sicura.
  • Il fornitore di servizi: si tratta degli enti pubblici che erogano servizi online che richiedono all’utente un’identificazione certa garantita dalle credenziali SPID.

L’obiettivo è rendere i servizi online facilmente fruibili: non sarà infatti più necessario creare un account per ciascun servizio e ricordare decine di password, con SPID ne basta solamente una.

Firma Digitale

Il termine firma digitale nell’ordinamento giuridico italiano sta ad indicare un tipo di firma elettronica qualificata basato sulla crittografia asimmetrica, alla quale si attribuisce piena efficacia probatoria, tale da potersi equiparare, sul piano sostanziale, alla firma autografa.

Ad aumentare la robustezza della firma qualificata, i certificati di firma sono rilasciati su dispositivi sicuri e protetti da credenziali.

Per collocare nel tempo la firma di un documento e rendere il processo identico a quello autografo cartaceo si può apporre la marca temporale.

GESTIONE DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

Gli Organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento (OCC) sono previsti dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3 e hanno lo scopo di facilitare il debitore – persona fisica o piccola impresa (in ogni caso non fallibile) – nel compito di formulare ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti. L’omologazione dell’accordo o del piano produce effetti esdebitatori, ovvero di liberazione dei debiti, rispetto a tutti i crediti anteriori alla pubblicità della proposta di accordo o del piano.

Chi può accedere al servizio?

Possono accedere alla procedura i debitori non assoggettabili alle procedure concorsuali previste dalla Legge fallimentare (RD. n. 267 del 16.03.1942), vale a dire:

  • Gli imprenditori commerciali sotto la soglia dei requisiti dimensionali di fallibilità di cui all’art. 1 L.F.
  • I debitori civili, cioè coloro che non svolgono attività di impresa (ad es. professionisti, associazioni professionali, società tra professionisti)
  • Gli imprenditori non commerciali, cioè gli imprenditori agricoli e gli enti privati diversi dalle società (tanto di capitali – spa, sapa, srl – che di persone – snc, sas – che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali ex D.lgs. n. 460/97).
  • I consumatori

La procedura è riservata a coloro che si trovano in una condizione di sovraindebitamento, cioè in una “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte (pagamenti da effettuare) e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determini la rilevante difficoltà di adempiere le obbligazioni ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.